Prokofiev Sergej

Alexander Nevski – Lieutenant Kijé

Registrazioni eseguite dal 1977 al 1980 e rimasterizzazione effettuata nel 1986. Audio eccezionale. Altamente raccomandato, per non dire imperdibile.

Prokofiev: Alexander Nevsky – Tenente Kijé

Le musiche da film composte da Prokofiev risalgono ai suoi anni sovietici. Questa sua produzione è strettamente legata all’emergere del cinema in Russia come nuovo mezzo sperimentale, capace di offrire ampie possibilità tanto all’innovazione creativa quanto alla propaganda politica.
Per Prokofiev, la musica da film, come forma di espressione teatrale, aveva un valore paragonabile a quello dell’opera e del balletto. Questo atteggiamento era abbastanza comune fra i suoi amici e contemporanei: “La musica da film – sosteneva Shostakovich – è spesso considerata come semplice illustrazione supplementare allo schermo. Secondo me dovrebbe esser trattata come parte integrante di un’unità artistica” (Literaturnaya Gazeta, 10 aprile 1939).
Questo punto di vista era approvato con entusiasmo da Prokofiev, che in un suo articolo sulla musica per il film Alexander Nevsky osservò anche: “Il cinema è un’arte giovane e molto moderna che offre possibilità nuove e affascinanti al compositore. Queste possibilità devono essere sfruttate completamente. I compositori dovrebbero studiarle, invece di limitarsi a scrivere la musica e a lasciarla poi alla mercé della gente del cinema. Anche il tecnico del suono più capace non può certamente trattare la musica così come il compositore stesso……”
Questo desiderio di non lasciare nulla al caso, di lavorare in stretta collaborazione col regista, e di esercitare un controllo sul risultato finale si sarebbe per la prima volta realizzato nella partitura del Tenente Kijé (1933) di Feinzimmer, e quindi nella musica per due famosi film di Eisenstein: Alexander Nevsky (1938) e Ivan il terribile (parte 1a e 2a, 1942-45).
Sergej Mikhailovic Eisenstein (1898 – 1948), uno dei grandi registi del cinema sovietico, un uomo di grande sensibilità che era stato in un primo tempo architetto e ingegnere, si guadagnò una fama a livello mondiale con il suo film muto La corazzata Potemkin (1925).
Alexander Nevsky, il suo primo film sonoro, e Ivan il terribile confermarono la sua preminenza in questo campo: come ricostruzioni epiche di scene della storia russa rimangono senza pari nella loro epoca per la loro gravità e il colore fosco delle loro immagini, espresse con grande intensità di toni. La loro struttura drammatica, con l’impiego innovatore di tecniche come il montaggio, si spingeva parimenti in zone inesplorate.
Nell’affrontare il compito di illuminare musicalmente questi film, Prokofiev giunse ad instaurare con Eisenstein un rapporto di collaborazione particolarmente creativo, in uno spirito di reciproca comprensione. Dopo aver passato un certo tempo a Hollywood nel 1938, immergendosi nel mondo del cinema americano, osservando la produzione dei film, e prendendo dettagliatamente nota dei procedimenti puramente tecnici che si rendevano necessari per combinare la musica col film, egli ne sapeva di più sull’argomento della maggioranza dei suoi compatrioti, e sulle possibilità del linguaggio cinematografico aveva opinioni altrettanto precise quanto quelle di Eisenstein. Per lui una partitura da film era un’esperienza organica, sinfonica anzi, e non un’appendice accidentale. Eisenstein ammirò molto la costruzione “sorprendentemente plastica” creata dagli sforzi di Prokofiev; e in Film form and the film Sense (tradotto in inglese nel 1951) arrivò al punto di definirlo “un perfetto compositore per lo schermo”.
La sua musica, sosteneva, “Non rimane mai una semplice illustrazione, ma rivela il movimento e la struttura dinamica nella quale sono inglobati la cifra emotiva e il significato di un evento”.
La storia di Alexander Nevsky, che era per Prokofiev “uno degli episodi più gloriosi della storia del popolo russo”, è basata sulla figura del Granduca Alexander, principe di Novgorod (1220 – 1263), detto “Nevsky” in seguito alla

sua vittoria su un esercito svedese invasore sulle rive del fiume Neva. La sua celebre vittoria sui Cavalieri dell’Ordine Teutonico in una battaglia sanguinosa durata un intero giorno e combattuta sotto il suo comando da un “esercito del popolo” sulle acque gelate del lago Peipus, vicino a Pskov (a sud dell’attuale Leningrado), è il tema specifico del film di Eisenstein.
La partitura di Prokofiev comprende ventuno sezioni musicali per mezzosoprano, coro misto e grande orchestra. Nel concepirla, egli ricorse per le caratterizzazioni ad una tecnica del leitimotiv che richiama Borodin: rappresentò le orde dei Cavalieri Teutonici con pesanti sonorità di ottoni, di suggestione marziale, e le forze russe che li respingevano con musica più chiaramente consonante e ricca di evocazioni popolari. Per cogliere il carattere e gli sviluppi dell’azione, Prokofiev, piuttosto che servirsi di autentici motivi popolari, scrisse melodie originali di sapore arcaico.
Per ottenere esattamente le sonorità desiderate, prese attivamente parte alla registrazione della colonna sonora. Fece esperimenti, talvolta di persona, per quanto riguardava l’equilibrio sonoro e le tecniche dei microfoni vicini e lontani, al fine di ottenere degli “accorgimenti orchestrali completamente “al rovescio”; organizzò poi la distribuzione spaziale e la registrazione simultanea di gruppi di ottoni e gruppi corali in studi diversi, con la mescolanza di diversi canali di suono. Si giovò persino del fatto che i microfoni relativamente primitivi che aveva a sua disposizione potevano dar luogo a notevoli fruscii e distorsioni se stimolati in modo troppo violento è troppo da vicino: “Dal momento che il suono delle trombe e dei corni teutonici era certamente spiacevole alle orecchie russe, per non perdere l’effetto drammatico ho insistito perché queste fanfare venissero suonate direttamente nel microfono”. Alexander Nevsky fu dato per la prima volta il 1o dicembre 1938, ed ebbe un enorme successo popolare. Una Cantata drammatica basata sulla partitura del film, elaborata e riorganizzata in sette ampie sezioni, fu poi pubblicata nella primavera successiva. La prima esecuzione a Mosca ebbe luogo sotto la direzione del compositore il 17 maggio 1939. Come il film, essa ottenne lodi considerevoli, e divenne rapidamente nota. Stokowski e Ormandy in particolare la divulgarono in America, dove essa, con il suo tema dell’invasione tedesca e della vittoria finale russa, fu comprensibilmente interpretata da molti come un’opera di significato attuale piuttosto che di descrizione storica.
Dopo l’invasione dell’esercito hitleriano in Russia nel giugno 1941, la presa di Kiev e il blocco di Leningrado, il sostanziale parallelismo tra questi avvenimenti e la battaglia duecentesca tra Nevsky e i Cavalieri Teutonici era talmente sentito che in brevissimo tempo sia il film che la Cantata di Prokofiev sembrarono guadagnare una dimensione eccezionale, divenendo in un modo singolarmente paradossale documenti di storia, emblemi di speranze profetiche e anche forme di reportage bellico.

Per il popolo russo il messaggio patriottico ed emozionale della musica di Prokofiev era inequivocabile.

Sergej Mikhailovic Eisenstein

Il suo assunto eroico e il suo messaggio di speranza divennero quindi in brevissimo tempo un punto di riferimento simbolico e spirituale di forte presa, come ogni pagina della grande composizione di ispirazione bellica di Shostakovich, la Settima Sinfonia.
La Cantata si apre con un quadro orchestrale lento (in do minore) che raffigura la desolazione portata in Russia dall’invasione dei Mongoli. Il secondo movimento (in si bemolle maggiore) è un canto che glorifica la vittoria di Nevsky sugli Svedesi.
Del terzo movimento (in do diesis minore) un critico ha detto che “la brutalità e la disumanità dei Cavalieri Teutonici sono suggerite da un tema in modo ecclesiastico. Non essendo riuscito, nonostante le sue estese ricerche, a scoprire un autentico canto dei Cavalieri Teutonici, Prokofiev compose un suo proprio tema che incarna lo spirito di questa musica antica”.
Il quarto movimento (in mi bemolle maggiore) è una chiamata alle armi di inflessione chiaramente popolare.
Il quinto movimento rappresenta una sequenza episodica di eventi: una nebbiosa alba invernale, l’avvicinarsi dei Cavalieri, la successiva battaglia e la prospettiva della vittoria nel pomeriggio. L’organico strumentale è abilmente suddiviso per dare espressione adeguata alle parti in guerra fra loro, e i contrasti fra modo maggiore e minore sono usati con grande potenza espressiva.
Il sesto movimento (in do minore) è il lamento di una ragazza che cerca il suo amato perduto e piange i morti, mentre il settimo ed ultimo movimento (in si bemolle maggiore), che presenta reminiscenze del secondo, è un trionfale inno di vittoria intonato sullo sfondo del clamore tumultuante delle campane che suonano a distesa e di una percussione di sonorità cupa dalle reminiscenze pagane.

Ates Orga
(Traduzione: Silvia Gaddini)

Il Tenente Kijé

Nella primavera del 1933 il regista cinematografico di Leningrado Feinzimmer chiese a Prokofiev di scrivere della musica per un film satirico su un militare che non era mai esistito, del quale si era però dovuto costruire di sana pianta una biografia per accontentare le autorità. In precedenza Prokofiev non aveva mai scritto musica per il cinema, ma accettò di affrontare questo compito nuovo per lui, e vi lavorò a Parigi nel corso dell’estate successiva.
Il film fu compiuto e anche proiettato pubblicamente a Leningrado, ma non per molto, infatti scomparve dalla circolazione dopo alcune settimane soltanto, e
così Prokofiev trasformò la sua musica in una Suite da concerto che fu eseguita per la prima volta a Mosca nel 1934. Comunque, i titoli dei cinque movimenti si riferiscono pur sempre alla sceneggiatura originaria. La nascita di questo eroe immaginario è segnata da un assolo della cornetta, che risuona a distanza annunciando il tema legato alla figura di Kijé, tema che viene poi sviluppato dall’orchestra.
Vi sono altri assoli della cornetta nel movimento finale; in effetti, la Suite ha una disposizione estremamente simmetrica, dove il secondo e quarto movimento sono delle romanze senza parole (con la possibilità alternativa di applicarvi un testo e di farlo cantare da un baritono). La prima romanza è di carattere lirico, mentre la seconda suggerisce una passeggiata in carrozza, dove non manca il tintinnio dei campanelli. Come movimento centrale c’è poi l’episodio delle nozze di Kijé, con delle campane alquanto più grandi, non troppo lontane da quelle della “Grande porta di Kiev” di Mussorgski.

Paul Griffiths
(Traduzione: Gabriele Cervone)

Alexander Nevsky

Trama del film

Le gesta del Principe Nevskij raccontate nel film di Ejzenstein si svolgono intorno al 1242, durante il cosiddetto “periodo di dispersione” quando, caduta Kiev, la Russia subisce ripetuti attacchi dai mongoli mentre sul fronte occidentale preme un’altra minaccia: l’espansione germanica. Ad appoggiare la spinta tedesca e a tutelare la sua minoranza si stabilisce in Livonìa l’Ordine dei Portaspada, cavalieri cattolici di nobile lignaggi, ex crociati, legati dal giuramento di fedeltà al papa di Roma e nemici irriducibili dei “pagani” slavi. Lituania, Polonia e Russia sono il loro territorio di caccia e di crimini spaventosi. Si congiungono poi con il potente Ordine Teutonico dei Cavalieri della Croce, che esercita la propria autorità dalla Prussia a San Giovanni d’Acri: la più grande forza militare d’Europa.
Quando i Teutoni puntano su Novgorod, le città minacciate si rìvolgono all’uomo considerato il maggior guerriero di Russia: il principe AJeksandr, detto Nevskij, del Granducato dì Suzdalia. Questi raccoglie attorno a sé un’armata molto composita di cavalieri e contadini e la guida verso le frontiere occidentali, salvando Novgorod dal saccheggio. Sul lago dei Ciudi dà prova della sua sapienza strategica spingendo i nemici sul ghiaccio del lago che, cedendo sotto il peso delle pesanti armature, li inghiotte nelle gelide acque.

Nel 1938 Prokof’ev fu invitato da Sergej Ejzenstejn a scrivere la colonna sonora per un film su Aleksander Nevskij.

Elena Obraztsova

Il compositore, che nel 1938 era stato ad Hollywood (dove lo avevano molto colpito le tecniche di sincronizzazione del sonoro con le immagini messe a punto negli studi della Walt Disney), conosceva bene i precedenti film di Ejzenstejn e lo aveva incontrato già diverse volte. Non fu quindi difficile accettare quella proposta, e lavorare a stretto contatto col regista, occupandosi attivamente anche della fase di registrazione (Prokof’ev fece numerosi esperimenti di posizionamento dei microfoni per ottenere il suono desiderato).
La collaborazione tra il regista e il compositore è ben documentata dai loro scritti, che testimoniano anche la reciproca ammirazione: Prokof’ev riconosceva a Ejzenstejn di essere anche un raffinato musicista, ed Ejzenstejn da parte sua teneva in grande considerazione il senso del ritmo cinematografico che Prokof’ev dimostrava di possedere, e la sua capacità di creare una musica che si integrava perfettamente con le immagini «[…] non grazie alla “coincidenza” degli accenti, il modo più primitivo per stabilire “corrispondenze” tra figure e musica, ma mediante il magnifico andamento contrappuntistico della musica, organicamente fusa con l’immagine».
Il film di Ejzenstejn, che venne proiettato per la prima volta il 1° dicembre del 1938, era imperniato sulla figura storica del principe Alexander Jaroslevic granduca di Novgorod (1220-1263), che difese il suo principato dall’invasione mongola, che vinse gli svedesi nel 1240 nella mitica battaglia sul fiume Neva (dalla quale egli prese il soprannome di «Nevskij»), che respinse nel 1242, a capo di un esercito popolare, l’invasione dei Cavalieri Teutonici nella battaglia sul lago di Peipus, al Sasso dei Corvi (Voronij) presso Pskov (ai confini orientali con l’odierna Estonia). Secondo la leggenda Nevskij diede ordine ai propri soldati di togliersi le armature e di condurre i nemici sulla superficie ghiacciata del lago, nel quale i cavalieri teutonici sprofondarono sotto il peso delle proprie corazze.
Prokof’ev compose la colonna sonora, in 21 sezioni, durante il periodo delle riprese, tra la primavera e l’autunno del 1938, e nel 1939, in occasione del 18° congresso del PCUS, ne trasse una Cantata per mezzosoprano, coro e orchestra, che egli stesso diresse a Mosca il 17 maggio 1939 (con il Coro e l’Orchestra Filarmonica di Mosca e con il mezzosoprano Valentina Gagarina). Lo scontro coi Cavalieri Teutonici, scena cloun sia del film che della Cantata, era una esplicita allusione alle minacce della Germania nazista. Per questo, dopo la firma del patto di non aggressione russo-tedesco, il famoso patto Molotov- Ribbentrop, il film fu ritirato nel 1939. La Cantata ebbe invece un grande successo come opera patriottica e di propaganda stalinista. La partitura è un esempio di fusione dei due diversi stili di Prokof’ev, quello dissonante, sperimentale “prerivoluzionario”, pieno di ritmi meccanici e sonorità stridenti, usato nelle scene violente che descrivono i crociati, e quello tonale, pervaso dal
melos popolare, che è invece associato ai russi. Senza alcun riferimento a musiche medievali, come potrebbe suggerire l’ambientazione della vicenda: «Mi è sembrato giusto dare ai Teutoni non la musica della loro epoca, ma quella che noi immaginiamo oggi. Partendo dallo stesso principio ho lavorato sulla canzone russa, facendola ascoltare nella sua forma attuale, non come era settecento anni fa». Rispetto alle musiche del film la Cantata è stata riorchestrata, alcuni frammenti sono stati eliminati, alcune parti rimaneggiate. Ma i sette movimenti in cui essa si articola seguono esattamente l’ordine degli eventi narrati, e riassumono in maniera molto concisa la vicenda del film conservandone tutta la forza narrativa.
Il prologo, che descrive la Russia sotto il giogo dei Mongoli, è un esempio di paesaggismo in musica (Molto andante): un cupo preludio in do minore, tonalità che dominerà tutti i momenti più drammatici della Cantata, descrive la desolazione del territorio contrapponendo un gesto orchestrale lancinante, come un grido di dolore (una breve cellula, ripetuta tre volte e raddoppiata tra registri estremi da oboi, clarinetti e violini da un lato, fagotti, tuba e archi gravi dall’altro) a delle linee strumentali scarne e isolate (affidate a oboe e clarinetto basso, poi al corno inglese), come echi di canti popolari russi.
Nel secondo movimento (Canto di Aleksandr Nevskij) i guerrieri ricordano la battaglia della Neva alternando un canto nobile ed eroico (Lento), carico di accenti nostalgici, e una parte centrale più animata e marziale (Più mosso), punteggiata da grandi accordi, da rapidi arpeggi dei legni e dalle percussioni, che evoca in maniera diretta e molto descrittiva la battaglia. L’atmosfera cambia radicalmente nel movimento dedicato al campo nemico (I Crociati a Pskov): una scena cupa, introdotta da armonie dissonanti, dai suoni laceranti degli ottoni, accompagnati da gran-cassa, piatti e tam-tam, che si alternano con brevi squarci, più morbidi, di archi e legni (Largo). Poi attacca il corale dei crociati (Andante), una salmodia lenta e implacabile (“Peregrinus expectavi pedes meos in cymbalis”), punteggiata da cellule strumentali cromatiche, che produce uno straordinario crescendo. L’episodio centrale (Largo) è uno squarcio di intenso lirismo degli archi (“espressivo e doloroso”), che descrive il pianto del popolo di Pskov, vittima dei massacri, e fa riaffiorare echi del canto russo. Il quarto movimento (Sorgi, popolo russo!) è un’esortazione corale a combattere per scacciare l’invasore, un episodio corale dal carattere eroico, pieno di pathos e di spirito guerriero, basato su temi molto semplici, dal carattere popolaresco ma impreziositi da una raffinata orchestrazione: il primo (Allegro risoluto) è un canto di riscossa, un tema accentato su un ritmo di marcia; il secondo, presentato nell’episodio centrale (che modula improvvisamente da do minore a re maggiore), è un canto patriottico dall’andamento calmo e cantabile, avviato dai contralti (“Nella nostra grande patria Russia non c’è posto per il nemico”), accompagnato dagli archi e dai corni, seguito da una ripresa del tema principale variata e rinforzata dalle scale dello xilofono.

Claudio Abbado

Il culmine drammatico della Cantata, e anche il movimento più sviluppato, è la scena della Battaglia sul ghiaccio: una pagina spettacolare, basata su armonie dissonanti, passaggi politonali, un’orchestrazione ricca di percussioni, una struttura articolata in più episodi: la prima sezione (Adagio), piena di fremiti, ricrea la dimensione del gelo, coi violini nel registro acuto, i tremoli dei violoncelli, le note ribattute sul ponticello delle viole; il corale dei crociati, che affiora nei tromboni (“in distanza, con sordina”) introduce un nuovo episodio (Allegro moderato) caratterizzato da un ritmo di cavalcata, con un motivo sinistro reiterato dalla tuba nel registro grave, le staffilate dei violini nell’acuto, il canto dei crociati intonato prima dall’orchestra come un cantus firmus, poi dal coro in un tempo accelerato, un crescendo impressionante che culmina nelle esclamazioni dei teutonici “Vincant arma crucifera, hostis pereat” (Allegro); al canto dei crociati risponde il tema patriottico dei russi già ascoltato nel movimento precedente, e più avanti un nuovo motivo dal carattere popolare, scandito da violini e clarinetti (“fortissimo, con brio”) vivo e turbinoso, ritmato anche dalle percussioni; poi i temi dei due eserciti avversari si sovrappongono contrappuntisticamente, sullo sfondo del ritmo di cavalcata; nell’episodio finale (Adagio) lo sprofondare dei cavalieri teutonici nelle acque gelate del lago è reso molto realisticamente, con lunghe scale di archi e legni, e un tema puntato degli ottoni e proiettato verso l’acuto; nella coda, più rarefatta (Allegretto, quasi doppio movimento), riemerge il tema patriottico (“dolcissimo”) nel registro acuto del violino, come un’eco lontana, tra mille fremiti degli archi con sordina.
Il penultimo movimento (Il campo della morte) ritorna alla tonalità di do minore e all’immagine del campo di battaglia ghiacciato, dove le donne vanno a raccogliere i corpi dei caduti. Dopo un’introduzione basata su un tema trillato dei violini divisi (Adagio) si leva il canto dolente e commosso del mezzosoprano (Meno mosso), che nella sua seconda parte (Pochissimo più animato) riprende il tema del pianto del popolo russo già sentito nel terzo movimento.
La Cantata si conclude con un movimento festoso e solenne (L’entrata di Aleksander a Pskov), che richiama le scene corali di vittoria tipiche dell’opera russa. Il tema del secondo movimento è ripreso da tutta l’orchestra (Moderato), sottolineato da piatti, campane e tam-tam; poi un carillon di Glockenspiel, xilofono, triangolo e pizzicati degli archi (Allegro ma non troppo) introduce un momento di gioia popolare e danzante, nel quale riaffiora la melodia patriottica del quarto movimento, che si intreccia con altri motivi in un turbinio festoso, fino alla grandiosa perorazione finale (Più largamente).

Testo

CANTO DI ALEKSANDR NEVSKIJ (Coro)
Sì, fu sul fiume che ciò avvenne,
sulla corrente della Neva, sulle acque profonde,
là trucidammo i migliori combattenti dei nostri nemici,
il fior fiore dei combattenti, l’esercito degli svedesi.
Ah, come ci battemmo, come li mettemmo in fuga! Riducemmo le loro navi da guerra in legna da ardere. Nella lotta il nostro sangue rosso fu liberamente sparso per la nostra grande terra, la nostra Russia natale. Evviva! Ove vibrava la larga scure, c’era una strada aperta.
Nelle loro file si aprì un sentiero dove si inoltrò la lancia. Sconfiggemmo gli svedesi, gli eserciti invasori,
come un prato di steppa, cresciuto sul suolo del deserto. Noi non cederemo mai la nostra natia Russia,
chi marcerà contro la Russia sarà sterminato. Levati contro il nemico, terra russa, levati! Levati in armi, sorgi, grande città di Novgorod!

I CROCIATI A PSKOV (Coro)
Peregrinus expectavì, pedes meos in cymbalis. Vincant arma crucifera! Hostis pereat!

SORGI, POPOLO RUSSO! (Coro)
Sorgi, popolo russo,
sorgete in armi, gente russa,
per combattere, per lottare fino alla morte. Sorgi, o popolo, libero e coraggioso,
a difendere la tua bella, natìa terra.
Ai guerrieri vivi, alta fama,
fama immortale ai guerrieri uccisi.
Per la propria casa, per il suolo di Russia, subito a combattere, a lottare fino alla morte. Nella nostra grande Russia, nella nostra Patria non vivrà nemico. Nostra Madre Russia! Nessun nemico camminerà sulla terra russa. Nessun esercito nemico percorrerà la Russia. Nessuno vedrà la strada per la Russia. Nessuno sconvolgerà i campi della Russia.

LA BATTAGLIA SUL GHIACCIO (Coro) Peregrinus expectavi, pedes meos in cymbalis. Vincant arma crucifera! Hostis pereat!

IL CAMPO DELLA MORTE (Mezzosoprano) Attraverserò il campo ammantato di neve.
Mi stenderò sul campo della morte.
Chi riposa tranquillo dove le sciabole l’hanno lacerato, chi giace impalato dall’asta di una freccia.
Dalle loro calde ferite, il rosso sangue come pioggia si spande sul nostro suolo natìo, sui nostri campi di Russia.
Colui che è perito per la Russia di nobile morte
sarà benedetto dal mio bacio sui suoi morti occhi.
E per quel bravo giovane che è rimasto in vita
io sarò una vera moglie, e un’amica appassionata.
Non mi sposerò con un uomo attraente:
la bellezza e il fascino terreni presto appassiscono e muoiono. Mi sposerò con un uomo che sia coraggioso.
Ascoltate, coraggiosi guerrieri, uomini dal cuor di leone.

ENTRATA DI ALEKSANDR NEVSKIJ A PSKOV (Coro)

In una grande campagna la Russia attaccò battaglia. La Russia sconfisse le truppe avversarie.
Nella nostra terra nat’a i nemici non vivono.
Il nemico che entra verrà ucciso.
Celebrate e cantate la nostra madre Russia!
Nella nostra patria i nemici non vivranno.
I nemici non vedranno mai le città e i campi della Russia, coloro che marceranno contro la Russia verranno uccisi. Per la grande festa si è raccolta la Russia:
celebrate e cantate la nostra madre terra.

Il Luogotenente Kize op. 60

Tra i progetti coltivati da Prokof’ev nell’accingersi a tornare nell’Urss stabilmente nella primavera del 1933, un notevole risalto aveva l’idea di svolgere un ruolo culturale, didattico e sociologico di netto risalto a livello internazionale, diventando una specie di “nume tutelare” della musica sovietica.
Più precisamente le sue intenzioni si manifestarono nel contesto d’un articolo che vide la luce il 16 novembre 1934 sul quotidiano “Izvestja” e di cui vi è cenno anche nell’autobiografia: «Quale musica si debba scrivere oggi è questione di grande importanza per molti compositori sovietici. Ho molto riflettuto su questo problema e credo che la seguente sia la soluzione migliore. Prima di tutto bisogna scrivere della grande musica, adatta all’epoca in cui viviamo… Interessandosi alla grande musica il compositore deve prendere in considerazione il fatto che in Unione Sovietica milioni di persone scoprono la musica… Non è facile trovare il linguaggio adatto. Prima di tutto deve essere musica melodica, di una melodia semplice e comprensibile… La semplicità non deve essere una semplicità passata di moda, bensì una nuova semplicità».
Nella speranza che si potessero realizzare queste condizioni Prokof’ev non ebbe esitazioni ad accettare le difficili condizioni esistenziali che già sopportavano in Urss i suoi amici, di cui era ben al corrente: ma «la musica secondo la mia concezione» aveva la precedenza assoluta per Prokof’ev. La bruciante fine delle illusioni non tarderà troppo tempo a manifestarsi, l’equivoco si preciserà quando il compositore si troverà in trappola, «perché Stalin giocò con Prokof’ev la partita del gatto con il topo. Molte furono infatti le assicurazioni verbali che Prokof’ev ricevette a conferma che avrebbe potuto fare tournées all’estero anche dopo il suo rientro in Urss. Qualche anno dopo il suo definitivo ritorno la gabbia si chiuse e le brevi tournées in America dopo il 1936 furono possibili lasciando in ostaggio i figli a Mosca» (cfr. Prokof’ev di M. R. Boccuni, Palermo 2003).

Aleksandr Nevskij

Tra la primavera e l’autunno del 1933 Prokof’ev tenne alcuni concerti a Mosca e a Leningrado suonando, tra l’altro, il Terzo Concerto per pianoforte oltre a dirigere la Suite scita e la Terza Sinfonia. In parallelo cominciò a ricevere importanti committenze, tra le quali nell’autunno dell’anno precedente vi fu l’invito a scrivere le musiche per un film, il cui soggetto si basava su un racconto di Jurij Tynjanov. Sulle prime il compositore sembrò un po’ interdetto, nonostante il cinema in sé, questo nuovo mezzo di comunicazione di massa, l’avesse sempre molto intrigato: tra i suoi ricordi in proposito vi era anche il gran divertimento provato una volta con Mejerchol’d a Parigi nel programmare alcune riprese dal vivo nel suo giardino, filmandole poi con una piccola cinepresa.
L’insolito dipanarsi del soggetto proposto in vista della realizzazione della sua prima colonna sonora, scatenò sin dai primi momenti l’interesse e l’inventiva di Prokof’ev, in particolare per un certo sapore gogoliano che suggeriva l’opportunità di irridere l’ottusità della burocrazia del mondo militare verso la fine del ‘700, all’epoca dello Zar Paolo I.

Zar Paolo I

Nella traduzione italiana – Il luogotenente Kize – si vanifica il doppio senso che vi è in russo (Porutcik Kize) e che determinò l’equivoco che sta alla base della trama romanzesca: un cancelliere del reggimento Preobrazenskij, nel ricopiare un ordine del giorno, si lascia sfuggire un errore di trascrizione, perché invece di scrivere Porutcik-ze annotò Porutcik-Kize dando una identità ad un militare inesistente. Da tale premessa in maniera ineluttabile derivò una vera e propria commedia degli equivoci in tutte le varie tappe della vita di quel soldato,
dall’amore al matrimonio sino alla morte, con il corollario di un sontuoso funerale alla presenza dello Zar.
Per rendersi conto di come procedere all’avvio della composizione musicale Prokof’ev prese subito contatto con Aleksandr Michajloviè Fajncimmer, il regista degli studi di Belgoskino. E quest’ultimo riferì il tenace impegno del musicista nel documentarsi sia su tutti i movimenti e i passaggi tecnici delle riprese filmiche sia sull’ambientazione dei luoghi, delle scene, dei costumi del tardo Settecento russo, nonché sulla gestualità, financo la mimica facciale del protagonista.
A differenza di quanto sarebbe accaduto nei futuri lavori cinematografici di Ejzenstejn, ove la collaborazione si sarebbe svolta in parallelo, in questa prima sua esperienza Prokof’ev prese prima visione integrale del materiale filmico registrato, soffermandosi a considerare i dettagli più minuziosi, per comporre poi una colonna sonora articolata in sedici passaggi di maggior o minore ampiezza, ivi compresi alcuni canti popolari, modellati sull’antico folclore urbano. E in ogni pagina, quasi sulla falsariga d’una musica di balletto, v’era un peculiare carattere di segno teatrale inequivoco.
Prokof’ev seguì con attenzione la registrazione della colonna sonora, con l’orchestra condotta da Isaac Dunaevskij, annotando in un suo taccuino: «Dunaevskij dirigeva abbastanza efficacemente. Purtroppo la conclusione del soggetto cambiava in continuazione, complicando ed appesantendo il film che, quando fu presentato al pubblico, non riscosse un grande successo. L’anno dopo ne ricavai che avevo composto per la pellicola notevole materiale sinfonico e mi diedi da fare per ristrutturarlo in una Suite sinfonica, impegnandomi per quest’ultima molto di più rispetto alla musica originaria, dato che era necessario trovare la forma, riorchestrarla, separare i motivi, perfino unire i temi». L’8 luglio 1934 questa partitura fu ultimata nella dacia di Pètr Petrovicf Konc’alovskij, l’amico pittore che gli fece il ritratto. La prima esecuzione assoluta di questa Suite sinfonica ebbe luogo alla Radio russa il 21 dicembre 1934 sotto la direzione dell’autore.
Il primo movimento, La nascita di Kize, si apre con l’eco di un richiamo di cornetta militare che assumerà il ruolo di idea motivica fondamentale nell’andamento dell’intera composizione. L’atmosfera militaresca, che la sagace scrittura strumentale provvede a variegare di sottile humour, progressivamente si espande in una sorta di marciante fanfara di stampo marionettistico sotto la guida dell’ottavino al di sopra del meccanico rullare di un tamburo militare. Questo incedere piuttosto superficiale è seguito da un’ispirata frase melodica russa che si identifica poi nel tema del protagonista. Nella sezione centrale, a guisa di Trio, della marcia le fanfare degli ottoni si intersecano con gli

interventi roboanti delle percussioni. Simmetrica è la conclusione con il ritorno del segnale militare.
Il secondo movimento è una Romanza e si caratterizza per un clima sonoro nettamente diverso, dal momento che dà voce alla canzone d’amore d’un Kize innamorato. Prokof’ev ne compose due versioni: una per il registro di baritono e orchestra, l’altra per orchestra sola. La connotazione tematica di questo tempo è modellata sulla struggente ballata Il colombo cinerino si lamenta notte e giorno di Dmitriev, ove Prokof’ev, invece di seguire letteralmente la melodia originaria, ne inventa una sua propria nello spirito di questo canto popolare del primo Ottocento, con screziature modali e venature malinconiche sull’accompagnamento dell’arpa. All’effusione sentimentale seguono Le nozze di Kize sull’avvio d’un andamento musicale piuttosto pesante e pomposo d’intento celebrativo da cui si staglia una specie di canto di nozze, ove il ritorno stridulo della cornetta funge quasi da sberleffo. Nella parte centrale del terzo movimento la ricomparsa del tema di Kize imprime una connotazione più sensuale per il palpitante intervento del sassofono tenore. E la conclusione ripropone gli accenti fastosi dell’avvio, estroverso e pomposo.
Ecco quindi, in quarta posizione, la Troika – essa pure in doppia versione, cantata e strumentale – sull’incalzante motivo d’un eccitato canto ussaro di taverna, mentre la slitta corre veloce («II cuore di una donna è come una taverna: un mondo pieno di ospiti, ogni mattina c’è chi arriva e c’è chi parte») sul frenetico accompagnamento delle percussioni, del pianoforte, dell’arpa, nonché delle sonagliere mentre una variante del tema del protagonista, a guisa di ritornello, riappare tra un couplet e l’altro del canto soldatesco.
D’ampio risalto sinfonico è da ultimo il quinto movimento, La sepoltura di Kize, in cui ritornano tutti gli incisi motivici dei tempi precedenti, introdotti e siglati dal richiamo della cornetta militare, con la riproposta del tema di Kize nell’assorto e funereo intervento del clarinetto; si ascolta poi di nuovo la frase melodica del “Colombo cinerino”, affidata alternativamente alla tuba sola e agli \archi, ma l’apparente tristezza generale è interrotta dalla combinazione divertente, nel gioco contrappuntistico, dell’inciso melodico e del motivo nuziale del terzo movimento, tra varie modulazioni di gusto comico. Da ultimo torna il clima funereo ma il tema di Kize gradualmente si dissolve nell’intervento del flauto mentre sullo sfondo c’è l’eco della cornetta sul rullare del tamburo.

London Symphony Orchestra