Prokofiev Sergej

Cinderella

Registrazione eseguita nel 1983 e rimasterizzazione effettuata nel 1999. Audio eccezionale. Altamente raccomandato.

Cenerentola

“Zolushka (Cenerentola) è un balletto di Sergej Prokofiev articolato in tre atti su libretto di Nicolai Volkov op. 87 composto tra il 1941 e il 1944. Può sembrare strano che durante gli anni terribili della Seconda Guerra Mondiale Prokofiev si dedicasse a un lavoro di evasione risalendo, assai più di quanto non avesse appena fatto nel “Romeo e Giulietta”, alla più pura tradizione ciaicovskiana del balletto spettacolare e favolistico. Non è strano invece se si considera che secondo un atteggiamento da lui tipicissimo la composizione del balletto non solo si intrecciò con altri lavori di forte impegno patriottico e civile (basta ricordare, accanto a pezzi d’occasione che riflettevano gli avvenimenti dell’epoca, il grande affresco dell’opera “Guerra e pace”) ma rappresentano anche la sua risposta indiretta alle inquietudini del momento un appello alla

capacità dell’arte di inverare l’utopia trasfigurando l’attualità in simboli fantastici.
Da questa angolazione l’apologo della celebre favola di Perrault, con la bontà in trionfo sugli ostacoli avversi al bene, è una metafora che Prokofiev non caricò di significati legati alla contemporaneità, ma intese certo quale testimonianza di principi eterni, intridendoli di speranza e di ottimismo.
L’evasione è dunque solo apparente, il gesto ben più pregnante di quanto non sembri a prima vista. Il successo arriso al balletto fin dalla prima rappresentazione avvenuta al Bolscioi di Mosca in 21 novembre 1945, oltre al riconoscimento della genuina qualità di un’invenzione musicale fedele alle memorie russe, era un segno tangibile della gratitudine per aver celebrato in modo così leggero e delicato quei valori che, in modo tanto più cruento e realistico, avevano animato la lotta di liberazione contro l’invasore.
Scrivendo del suo balletto, Prokofiev sottolineò “essenzialmente come la cornice per una rappresentazione di autentici esseri umani con le loro passioni e le loro debolezze, in modo tale che gli spettatori non possano non partecipare alle loro gioie e ai loro dolori”.
Il tema centrale rimane l’amore di Cenerentola e del Principe o meglio la nascita e il fiorire di un sogno d’amore che si realizza superando ogni ostacolo; ma su questo canovaccio si sviluppano situazioni che non di rado interrompono l’azione per risolversi in forme pantomimiche e danzanti elaborate sinfonicamente: la lite delle sorelle cattive all’inizio, la poesia della natura personificata dalle quattro fate simbolizzanti le stagioni, le danze esotiche che accompagnano il viaggio in giro per il mondo del Principe alla ricerca della fanciulla amata.
Speciale cura è dedicata alla caratterizzazione dei personaggi, a cominciare da quelli di contorno: le apparizioni di Fata Madrina sono circondate da un’atmosfera di magia che si riverbera negli incantesimi da lei prodotti (e qui gli autori innestano sul tronco della fiaba varianti radicate nella tradizione favolistica russa, come i dodici fantastici nani che saltano fuori dalla pentola allo scoccare della mezzanotte o l’episodio delle tre melarance offerte dal Principe durante la festa); il padre di Cenerentola è tratteggiato umoristicamente da un tema timido e pavido, da uno grottescamente insinuante la perfida matrigna, mentre le sorellastre mostrano a chiare note il loro gretto egoismo.
Il giovane Principe si presenta alla festa da ballo con un’elegante mazurca, per rivelarsi subito appassionato e ardente nel grande valzer con Cenerentola: a lui sono riservati i più nobili passi di danza. Scocca la mezzanotte. Cenerentola, richiamata alla realtà, fugge perdendo una scarpina.
La protagonista è diversificata da tre temi principali: il primo la rappresenta oppressa e maltrattata, il secondo pura e pensosa, il terzo, ampiamente melodico, innamorata e felice, dopo che la scarpetta perduta sarà stata il suo segno di riconoscimento.

Vladimir Ashkenazy

L’immediatezza della rappresentazione si fonda su convenzioni conformi alla tradizione del balletto romantico. La partitura comprende un assortimento pressoché completo di danze classiche e popolari, dalla gavotta al valzer, dalla pavana al passepied, dalla bourrée alla mazurca, ma anche languidi adagi per le scene d’amore, galoppi scatenati per quelle d’assieme, pas de deux nelle figurazioni più diverse (dolcissimo quello dopo il riconoscimento finale).
E ciascun personaggio ha le sue variazioni, le più ampie opportunità di mostrare la propria arte. La ricchezza melodica e la grande vivacità ritmica corrispondono rispettivamente agli spunti lirici e amorosi da un lato, all’incisività dell’azione drammatica dall’altro, condita quest’ultima di garbata ironia e di inflessioni umoristiche.
Il tutto è governato da un’orchestrazione brillante, densa ma non pesante, intensamente espressiva senza perdere mai la leggerezza del tocco e del tratto: nel complesso, la più decantata e serena delle partiture drammatiche di Prokofiev. Nonostante l’intenzionale “ballabilità” di musiche concepite affinché le danze s’intrecciassero da sé all’azione, il peso specifico di molti numeri travalica la semplice funzionalità alla scena.
Ciò rese possibile estrarre dai 50 brani che in tutto compongono il balletto ben presto tre Suite orchestrali (op. 107,108 e 109, tutte dal 1943 al 1947), autonome e godibilissime in concerto.
L’esecuzione integrale rende tuttavia piena giustizia alle intenzioni dell’autore, proprio nel senso da lui indicato di una diretta partecipazione alle vicende che vi sono narrate con sincera ispirazione.

La trama
Atto primo

Cenerentola è impegnata come sempre a sbrigare le faccende domestiche nella casa paterna. Lasciata sola da Arabella e Araminta, le sorellastre che la detestano, ricorda con malinconia la propria infanzia, quando la sua vera madre era ancora viva e tutto era differente. Sa di essere sempre amata dal padre, che però non sa imporsi alle altre due figlie. Arriva nel frattempo una mendicante e le due sorellastre si prendono gioco di lei, mentre Cenerentola si mostra gentile e le offre conforto. Arabella e Araminta iniziano quindi a prepararsi per il grande ballo. La matrigna le accompagna, lasciando Cenerentola a casa da sola. Torna la mendicante, che si rivela essere una fata: chiama a sé le Fate delle quattro stagioni e i loro cavalieri e ricambia le gentilezze ricevute da Cenerentola con un magnifico abito da sera. L’avverte però che l’incantesimo si dissolverà allo scoccare della mezzanotte: la bella principessa tornerà ad essere un’umile ragazza. Cenerentola viene dunque condotta al ballo.

Atto secondo

A palazzo c’è gran festa. Arrivano le sorellastre di Cenerentola e subito dopo anche il Principe fa il suo ingresso. Cenerentola entra in sala per ultima, accolta da una musica magica. Tutti pensano che sia una principessa, tanto è bella e raggiante; neppure la matrigna, Arabella e Araminta la riconoscono. Il Principe la invita a danzare e nel bel mezzo della festa, tra tutti gli invitati, le dichiara il suo amore. Presa dalle danze, Cenerentola si dimentica dell’avvertimento della fata, ma i rintocchi della mezzanotte la riportano in sé e, all’improvviso, fugge via. Il Principe, sorpreso, cerca di trattenerla e resta con l’abito tra le mani; si ripromette allora di ritrovare la splendida principessa cui esso appartiene.

Atto terzo

Il Principe parte con i suoi quattro amici fedeli alla ricerca della fanciulla misteriosa e le Fate delle stagioni fanno in modo che giunga proprio nella casa dove vive Cenerentola. Arabella e Araminta provano a indossare l’abito, ma nonostante i loro sforzi e l’aiuto di tutti, non riescono nell’intento. Il Principe allora decide di farlo provare anche a Cenerentola e immediatamente riconosce in lei la misteriosa principessa del ballo. Avvolti dalle note di una musica meravigliosa, coroneranno il loro sogno d’amore.

Glazunov Le Stagioni

Alexander Glazunov godette di enorme stima e considerazione in patria, specialmente nel periodo precedente la prima guerra mondiale, e fu certamente il più eseguito compositore russo del suo tempo insieme a Ciaikovskij e a Rimski-Korsakov, che aveva scoperto le sue naturali doti di musicista e gli aveva dato lezioni di armonia. Ebbe una intensa attività artistica e pedagogica, così da diventare, come si dice abitualmente, una vera e propria autorità in campo musicale; fu direttore d’orchestra dal 1888, professore di composizione e strumentazione dal 1899 nel Conservatorio di Pietroburgo, di cui nel 1905 fu eletto direttore con voto unanime del consiglio degli insegnanti, conservando praticamente tale posto di alto prestigio fino al 1928, quando decise di lasciare definitivamente l’URSS e stabilirsi a Parigi con la moglie e la figlia adottiva. Dal 1904 Glazunov aveva inoltre assunto la responsabilità della rinomata casa editrice di Beljaev, che organizzava a Pietroburgo concerti di musica russa, promuoveva concorsi e premi per i musicisti più giovani e dotati, stampandone poi le composizioni che venivano diffuse anche all’estero e in particolar modo in Germania. Né va dimenticato il fatto che Glazunov scrisse l’ouverture del Principe Igor sui ricordi delle esecuzioni rese da Borodin al pianoforte e mai stese sul pentagramma e ricostruì l’intero terzo atto di quest’opera strumentata da cima a fondo da Rimski-Korsakov. E questo gli viene riconosciuto come un titolo di grande merito da tutti gli storici della musica, che forse non mettono in altrettanta evidenza il valore di Glazunov come musicista di larga e solida cultura (oltre al pianoforte suonava il violoncello, il clarinetto, il corno, il trombone e diversi strumenti a percussione) e come tecnico di notevole abilità armonica e contrappuntistica.
Di sicuro egli fu un tradizionalista della più limpida acqua e non un innovatore, come lo sarà invece il suo allievo Prokofiev, ma bisogna riconoscere che, al di là di un evidente eclettismo accademico, nella musica di Glazunov si dispiegano un gusto e una sensibilità di ineccepibile misura, aperte alle suggestioni dei canti e dei ritmi dell’arte popolare russa. Lo stanno a dimostrare il Concerto per violino e orchestra op. 82 (1903), il balletto in tre atti Raimonda (1898) e il balletto Le stagioni, che sono praticamente le uniche composizioni di questo autore che hanno resistito all’usura del tempo e qualche volta vengono riproposte all’ascolto del pubblico di oggi.
Le stagioni furono scritte per il Balletto imperiale russo e presentate il 7 febbraio 1900 a Pietroburgo con la coreografia di Mario Petipa, lo stesso che mise in scena Lo schiaccianoci e La bella addormentata nel bosco di Ciajkovskij. La partitura è molto descrittiva e presuppone una rappresentazione scenica danzante. Infatti nel primo movimento (L’inverno), dopo una breve introduzione orchestrale e un a solo del flauto su cui si alza il sipario, si ascoltano quattro piacevoli variazioni che stanno ad indicare e a personificare il ghiaccio, il freddo, la grandine e la neve. Si passa così da una vivace polonaise ad un ritmo di danza sostenuto dai clarinetti e dalle viole, per poi accennare ad uno scherzo degli oboi e ad un valzer di morbida melodiosità. Alla fine i vari temi si mescolano fra di loro (uno di essi ricorda quello del terzo movimento della Quinta Sinfonia di Ciajkovskij) e assumono uno spessore e un’ampiezza di largo respiro sinfonico.

The Cleveland Orchestra

Il secondo movimento (La primavera) ha una strumentazione improntata ad una varietà di timbri e di colori, per evocare la visione dei fiori, il canto degli uccelli e il soffio del vento Zefiro, espressi dai glissandi dell’arpa, dalla voce del clarinetto, dal canto dei violini, dallo staccato dei fiati, accompagnato dal pizzicato degli archi e dal suono del triangolo.
Un valzer carezzevole e suadente introduce il terzo movimento (L’estate) e descrive l’ondeggiare del grano e dei papaveri in una estesa campagna. Sul ritmo di una barcarola appare un gruppo di Naiadi tra fresche e zampillanti acque; da una leggerissima tessitura strumentale emergono un a solo di clarinetto e il canto dei flauti, quest’ultimo indicativo della presenza dei satiri e dei fauni, antichi simboli della stagione più calda e assolata.
Un esuberante baccanale contraddistingue l’ultimo movimento (L’autunno) diviso in due episodi orchestrali di brillante vivacità pittorica. Un breve adagio prelude al ritorno del baccanale e alla festosa apoteosi finale sotto la volta stellare, trapunta di costellazioni luminose e bene auguranti.