Bach Johann Sebastian

Passione secondo Giovanni

Questa brillante registrazione tributo al direttore Nikolaus Harnoncourt eseguita nel 1985 è ancora oggi efficace. Fu allora ed è ancora oggi il maestro che dirige opere del periodo barocco con strumenti d’epoca. Diverse incisioni di produzioni musicali “filologiche” che ho sentito sono rigide, noiose e senza vita. Non con Harnoncourt. Le sue interpretazioni sono sempre emozionanti e coinvolgenti. Mentre la Passione di S. Matteo è profondamente devozionale e contemplativa, quella di San Giovanni è cruda, aggressiva e drammatica. I solisti coinvolti sono tutti splendidi nei loro ruoli. Non posso immaginare un Evangelista migliore di Kurt Equiluz e il Gesù di Robert Holl è un pilastro . Per coloro che sono interessati alle esecuzioni filologiche, questo DVD non può mancare nella vostra collezione. Video e audio di alta qualità. Raccomandato.

Johannes-Passion (Passione secondo Giovanni), BWV 245

Sin dal 1666 gli ordinamenti liturgici di Lipsia avevano consenito di intonare il testo della Passione secondo Matteo nella Domenica delle Palme e quello della Passione secondo Giovanni al Venerdì Santo; la pratica era allora limitata alla Nikolaikirche (che era la chiesa principale della città, sede del sovrintendente ecclesiastico) e si teneva nel corso del servizio liturgico del mattino. In entrambi i casi la realizzazione musicale (che era condotta choraliter, vale a dire secondo uno stile di canto derivato dal declamato “gregoriano”) era quella tradizionale, proposta nei primi tempi della riforma luterana da Johann Walter (1496-1570), il quale tuttavia aveva previsto per gli interventi della turba dei brevi inserti in stile polifonico.
Il 26 marzo 1717 (Venerdì Santo) era poi stata inaugurata la consuetudine, presso la Neue Kirche (terza per importanza delle chiese di Lipsia), di eseguire una Passione in stile polifonico o concertante (figuraliter) nel corso del servizio liturgico pomeridiano (quello dei Vespri) e senza la specifica prescrizione di attenersi al solo testo di Giovanni. Il successo incontrato dalla nuova disposizione liturgica aveva infine indotto le autorità ad estendere il privilegio dapprima alla Thomaskirche (11 aprile 1721) e poi anche alla Nikolaikirche (7 aprile 1724), con l’esplicita clausola che le due chiese si sarebbero alternate, l’una in un anno e l’altra nell’anno successivo, nella presentazione di una grande Passionsmusik e sempre al Venerdì Santo. La manifestazione ebbe regolarmente luogo sino al 1766.
Poiché la cura della manifestazione era demandata al Thomaskantor, nel corso della sua lunga permanenza a Lipsia Bach dovette sovrintendere all’esecuzione di ventisei Passionsmusiken, proponendo o proprie opere o composizioni di altri autori (come Keiser, Telemann, Graun e Händel). Almeno quattro furono le esecuzioni della Johannes-Passion (BWV 245) e altrettante quelle della Matthäus-Passion (BWV 244), mentre una sola volta venne presentata la Markus-Passion (BWV 247); quanto alla Lukas-Passion (BWV 246), tre volte proposta, ben si sa che, per qualche tempo creduta opera bachiana, essa deve essere esclusa dal catalogo delle opere del grande Thomaskantor, trattandosi di lavoro (copiato in parte da Johann Sebastian e in parte dal figlio Carl Philipp Emanuel) d’un autore non identificato. La data di esecuzione di tali lavori è nota solamente in alcuni casi.
Per quanto riguarda la Johannes-Passion, si conoscono le date delle due prime esecuzioni, corrispondenti a due distinte versioni dell’opera: 7 aprile 1724 nella Nikolaikirche e 30 marzo 1725 nella Thomaskirche. Le restanti due esecuzioni potrebbero aver avuto luogo il 26 marzo 1728 in San Nicola, e l’8 aprile 1746 in San Tommaso.
Che l’opera abbia conosciuto almeno quattro distinte versioni è attestato dal materiale di esecuzione superstite, ma la partitura è nota in un’unica copia e la sua redazione risale al 1739 circa (quindi tra la terza e la quarta stesura dell’opera).
Come per altre numerose opere bachiane, le varie versioni di una composizione non costituiscono una progressione verso uno status definitivo, bensì una rosa di possibilità nell’ambito delle quali il compositore provvedeva a scegliere la versione più conveniente – in base a considerazioni più di un ordine pratico che strettamente artistico (un ruolo importante poteva coprire, ad esempio, la disponibilità di determinati strumentisti o cantanti).
È una disdetta che non si conosca alcuna copia dell’edizione a stampa del testo che fu realizzata all’atto della presentazione della Johannes-Passion al pubblico dei fedeli di Lipsia nel 1724; la perdita di un simile documento non ci consente di risolvere in via definitiva il problema della paternità del “libretto”, che è frutto di un’operazione composita, forse portata a compimento dallo stesso Bach accostando materiali di diversa provenienza per quanto riguarda i cosiddetti testi madrigalistici. Dei tredici brani costruiti su tali testi, otto (i nn. 7, 19, 20, 24, 32, 34 e in parte anche 35 e 39) si riallacciano ad una Passione di Barthold Heinrich Brockes (1680-1747) che fu allora assai celebre: Der für die Sünde der Welt gemartete und sterbende Jesus, aus den IV Evangelisten (Gesù martirizzato e morto per i peccati del mondo) pubblicato nel 1712 ad Amburgo e più volte riedito e messo in musica. Una pagina (n. 13) ripete la propria origine dalla prima strofa del carme Der Weinende Petrus (Pietro piangente) di Christian Weise (1642-1708), pubblicato a Lipsia nel 1675. Insoluti restano i problemi relativi alle fonti letterarie per i nn. 1 (che contiene una citazione del Salmo 8, 2) e 9 che sbrigativamente sono stati direttamente attribuiti alla penna di Bach, come gli adattamenti degli altri testi madrigalistici.
L’esegesi neo-testamentaria è concorde nel cogliere, all’interno del Vangelo giovanneo, una struttura precisa, un piano organico di esposizione, che assume carattere dinamico e drammatico secondo una progressione calcolata, quasi ad effetto, verso l’affermazione finale della fede e della sua conoscenza. Non unanime, invece, è l’identificazione di quella struttura, la quale viene variamente intesa.
Il momento della “passione e morte di Gesù” è contenuto, come avviene nei vangeli sinottici, in due soli capitoli (cap. 18,1-40; cap. 19,1-42) per un totale di 82 versetti (ben più lunghe sono le narrazioni presentate dagli altri evangelisti Marco 119 vv., Luca 127 vv., Matteo 141 vv.). Nei commentari al Quarto Vangelo, l’episodio è generalmente suddiviso in tre fasi principali e in una serie di momenti “interni” secondo il seguente schema:

1. Gesù nelle mani dell’autorità giudaica (18,1-27)
1. cattura di Gesù (18,1-11)
2. Gesù davanti ad Anna e Caifa; rinnegamento di Pietro (18, 12-27)

2. Gesù davanti a Pilato (18, 28 – 19, 17)
1. primo interrogatorio e liberazione di Barabba (18,28-40)
2. secondo interrogatorio e condanna (19, 1-17)

3. Crocifissione, morte e sepoltura (19, 18-42)
1. crocifissione (19, 18-27)
2. morte (19, 27-37)
3. sepoltura (19,38-42).

A questo schema si adatta perfettamente anche la partitura bachiana, la quale prevede una “parte prima” e una “parte seconda” (la divisione è indicata in italiano nell’originale), fra l’una e l’altra delle quali la liturgia dei Vespri poneva il sermone. Alla prima parte corrisponde la fase I, mentre le fasi II e III concorrono a formare la seconda parte dell’opera. Ripercorrendo la struttura sopra riferita, potremo riscontrare le seguenti corrispondenze:

Prologo n. 1
1. nn. 2-14: a) nn. 2-5; b) nn. 6-14
2. nn. 15-24: a) nn. 15-20; b) nn. 21-24
3. nn. 25-39: a) nn. 25-28; b) nn. 29-37; c) nn. 38-39

Epilogo n. 40
Dei quaranta numeri che costituiscono la partitura, il primo e l’ultimo sono indipendenti dalla narrazione. Il brano di apertura è un vero e proprio prologo affidato idealmente alla massa dei fedeli, ai peccatori che nel testo della Passione attendono di poter leggere come il vero Figlio di Dio possa essere glorificato in ogni momento della storia, anche quando più grande è la bassezza dell’uomo. La solennità dell’evento, la suggestione del momento dovevano necessariamente tradursi in una pagina grandiosa, che utilizzasse la “coralità” in tutta la sua portata espressiva e glorificante; pertanto, lo stile che la percorre è quello riservato alle grandi architetture polifoniche create per le occasioni più importanti, ma privato del fasto di trombe e timpani.

Nikolaus Harnoncourt

Al contrario, l’epilogo avviene sull’esile trama, priva di monumentalità, di un semplice Corale in cui il fedele, nell’attesa del Giudizio Universale, invoca la misericordia del Signore. Il congedo è patetico, ma insieme trionfante e si esalta nel celebrare con un apparato dimesso la magnificenza del Cristo.
I Corali, in numero di undici (nn. 3, 5, 11, 14, 15, 17, 26, 28, 32, 37, 40), sono distribuiti nel tessuto della narrazione in connessione con momenti ricchi di pathos, risvegliando nel fedele la pietas, il senso della meditazione e trasferendo dalla sfera del Cristo a quella sua propria affanni, dolori, umiliazioni. In stile di Corale è pure il n. 22, che però utilizza non già un testo contenuto nei consueti Gesangbücher, bensì i versi di un’Aria facente parte di una Johannes-Passion che Christian Heinrich Postel (1658-1705) scrisse intorno al 1695 e che venne messa in musica ad Amburgo nel 1704 e variamente attribuita a Händel, a Georg Böhm e a Mattheson.
Rilevanza considerevole ha la parte della turba, del popolo o – meglio – della canaglia che è chiamata ad interventi (quattordici complessivamente) di grande drammaticità ma generalmente poco sviluppati sotto il profilo musicale e semmai concepiti come “motti”, come brevi inserti in polifonia collocati all’interno di una struttura in stile recitativo in cui è protagonista il narratore degli eventi (l’Evangelista). Gli interventi di quest’ultimo, sempre in stile secco, solo in qualche momento (l’amaro pianto di Pietro e l’episodio del terremoto, entrambi ripresi dal Vangelo di Matteo) cedono alla foga oratoria e allo spirito della musica imitativa.
Di fronte al marmoreo, lineare, angelicato recitativo dell’Evangelista stanno i vigorosi ma sempre controllati interventi della vox Christi (un basso, ovviamente) qui spogli e scarni, mentre nella Matthäus-Passion saranno sempre sostenuti da un rivestimento armonico degli archi, da un’aureola di note tenute. I passi sono intonati in maniera non difforme da quella che caratterizza la parte dell’Evangelista o delle altre dramatis personae (soliloquentes), ma è tradizione dare loro maggiore risalto, nell’esecuzione, mediante un tipo di intonazione più stentoreo e solenne, quando non sovvenga una scrittura più tornita, tendente all’Arioso.
A fianco del testo narrativo (affidato all’Evangelista, ai soliloquentes e alla turba) e degli inserti liturgici (i Corali o Kirchenlieder), la Johannes-Passion prevede poi una serie di brani madrigalistici, su testi di libera invenzione: due cori (nn. 1, 39), un Lied (n. 22) nello stile di un Corale, sei Arie solistiche (nn. 7, 9, 13, 20, 30, 35), due Ariosi (nn. 19, 34), un’Aria con coro (n. 24) e un’Aria con Corale (n. 32). Pagine tutte di straordinaria bellezza e intrise di valori strumentali supremi: si pensi, a questo proposito, alle coppie di strumenti concertanti che intervengono in quattro Arie (2 oboi nel n. 7, 2 flauti traversi all’unisono nel n. 9, 2 viole d’amore nel n. 20, flauto traverso e oboe da caccia nel n. 35) o all’impiego della viola da gamba nel n. 30 o ancora all’impiego del liuto, in unione a una coppia di viole d’amore (o di violini con sordina), nell’Arioso n. 19.