Alexander Borodin

Il Principe Igor

Il Principe Igor di Borodin e la produzione di Kirov sono eccellenti donando a questa monumentale composizione una musica sensuale e attraente. Le composizioni di Borodin non sono numerose ma il Principe Igor contiene gran parte della sua bravura.

I solisti e il coro dell’opera di Kirov hanno voci piene e gli attori sono allo stesso modo bravi.
I costumi sono molto belli e in particolar modo quei dei ballerini.
Il balletto di Kirov nella spettacolare esibizione delle danze polovesiane è difficilmente paragonabile ad altri. La qualità video del DVD è eccellente e la qualità audio è eccezionale. Finalmente anche i sottotitoli sono in italiano!!!!
DVD altamente raccomandato soprattutto a chi ama le grandi opere russe.

L’idea di un’opera tratta dal più famoso monumento poetico del periodo kieviano (X-XI sec.) della letteratura russa antica venne a Vladimir Stasov, lo studioso che seguì da vicino (e spesso ispirò) il lavoro del ‘mucchio possente’, durante una serata a casa della sorella di Glinka, Ljudmila Šestakova, nel 1869. La storia del principe sconfitto dai Polovcy forniva tuttavia ben poca materia per un’opera e Stasov aggiunse episodi da lui inventati o tratti da altre fonti storiche, come la Cronaca dei tempi passati.
Borodin cominciò subito a comporre alcuni frammenti, senza seguire lo schema previsto (l’arioso di Jaroslavna, la seconda scena del primo atto, la cavatina di Koncakovna nel secondo), poi, sia per una certa perplessità sul materiale fornitogli da Stasov, sia per incertezze e difficoltà creative abbandonò il lavoro nel marzo 1870, dedicandosi alla Seconda Sinfonia e al progetto di un’opera collettiva, Mlada, scritta in collaborazione con Musorgskij, Rimskij-Korsakov, Kjui a cui trasferì parte dei frammenti di Igor.
Fallito il progetto, nel 1874 Borodin riprese il lavoro su Igor, che continuò fino alla morte, senza ultimarlo: orchestrò solo alcuni frammenti per esecuzioni in concerto, il resto rimase incompiuto. Rimskij-Korsakov si incaricò di portarla a termine e operò con l’aiuto prima di Ljadov poi del giovane Glazunov, vicino a Borodin negli ultimi anni e dotato di sorprendente memoria.
Fu lui infatti a ricostruire l’intero terzo atto, di cui rimanevano solo pochi frammenti, e l’ouverture. Il lavoro di Rimskij-Korsakov e Glazunov (che andò in scena tre anni dopo la morte di Borodin) fu da molti criticato, soprattutto da Pavel Lamm, che, sulla base di una attenta analisi, degli spartiti (peraltro ancora inediti), accusò i due compositori di aver travisato molti passaggi dell’originale.

Prologo.

Nonostante i presagi sfavorevoli e le preghiere della giovane moglie Jaroslavna, il principe Igor parte con il suo esercito da Putivl’ per una spedizione punitiva contro la tribù dei Polovcy che minacciano i commerci della città.

Atto primo.

Scena prima. Il principe Galickij, fratello di Jaroslavna, conduce vita dissoluta, beve, rapisce una fanciulla per il suo piacere, si circonda di perdigiorno (“Grešno tait’: ja skuki ne ljublju”, ‘Bisogna ammetterlo: io non amo la noia’) e si prende gioco di Jaroslavna che disapprova il suo comportamento. Un gruppo di ragazze protesta per il rapimento di una di loro (“Oj, lichon’ko! Oj, gorjuško!”, ‘O sfortuna! O sciagura!’) e viene cacciato.
I cortigiani, prima intimoriti dalla riprovazione di Jaroslavna, cantano le lodi di Galicyn: vorrebbero averlo come principe al posto di Igor.
Scena seconda. Jaroslavna, nella sua camera, è angosciata per Igor e turbata da sogni tormentosi (“Nemalo vremeni prošlo” ‘Non molto tempo è passato’). Giungono le fanciulle che denunciano il comportamento di Galicyn. Galicyn arriva e le aggredisce, deride la sorella che lo rimprovera, ma alla fine accetta di lasciar libera la ragazza che ha rapito e se ne va. Arriva un gruppo di boiari con una terribile notizia: Igor e il figlio Vladimir sono stati catturati dai Polovcy. La città è in allarme: l’esercito dei Polovcy sotto la guida di Khan Gzak sta per attaccare Putivl’.

Atto secondo.

Nell’accampamento dei Polovcy, un gruppo di ancelle intrattiene con un canto e una danza la figlia del Khan, Koncakovna (“Na bezvod’ie, dnëm na solnce vjanet cvetik”, ‘Senza acqua, di giorno il fiorellino appassisce al sole’). Koncakovna attende con impazienza l’incontro d’amore con il figlio di Igor, Vladimir (“Merknet svet dnevnoj”, ‘Si spegne la luce del giorno’); frattanto ordina alle ancelle di dar da bere ai prigionieri russi che tornano dal lavoro scortati

da Ovlur. Vladimir, spiato da Ovlur, arriva alla tenda di Koncakovna, impaziente di abbracciarla (recitativo e cavatina “Gde ty gde”, ‘Dove sei, dove’): la fanciulla appare e insieme cantano il loro amore (“Ty li, Vladimir moj”, ‘Tu, mio Vladimir’).

Si nascondono all’arrivo di Igor, che, logorato dalla prigionia, pensa all’amata Jaroslavna (“Ni sna, ni otdicha”, ‘Né sonno, né riposo’). Ovlur, sempre in agguato, gli si avvicina e gli propone la fuga. Igor prima rifiuta, poi è tentato, ma è distolto dai piani di Ovlur dall’arrivo del Khan Koncak, che gli dimostra grandi attenzioni, gli propone la libertà in cambio di un’alleanza. Igor rifiuta. Koncak ordina alle ancelle di intrattenere i prigionieri con canti e danze.

Atto terzo.

L’esercito guidato dal Khan Gzak ritorna da Putivl’ con altri prigionieri russi, (marcia dei Polovcy) tra il tripudio dei Polovcy e del Khan Koncak (“Naš mec nam dal pobedu”, ‘La nostra spada ci ha dato la vittoria’). I prigionieri russi,
umiliati dalla nuova sconfitta, esortano Igor ad accettare la proposta di fuga di Ovlur. I Polovcy bevono e danzano alla vittoria (“Podoben solncu Khan Koncak”, ‘È simile al sole il Khan Koncak’). Koncakovna, informata del piano di fuga di Igor, irrompe disperata, nella speranza di trattenere Vladimir e avvisa i suoi. Igor fugge, i Polovcy minacciano Vladimir ma Koncak lo difende e benedice l’unione di lui con la figlia.

Atto quarto.

Sugli spalti di Putivl’, Jaroslavna piange il destino di Igor (“Ach, placu ja gor’ko”, ‘Ah, piange amaramente’). Al suo lamento si aggiunge quello della gente di Putivl’ che piange sulla città distrutta. Jaroslavna è distratta da un improvviso scalpitare di cavalli: riconosce da lontano Igor e gli si butta tra le braccia (“On-moj sokol jasnyj”, ‘È lui, il mio bianco falco’). Le campane suonano a stormo per annunciare il ritorno del principe e il popolo si raduna in festa (“Znat’, Gospod mol’by uslišal, ‘Ecco che il Signore ha ascoltato le nostre preghiere’).
Nonostante la complessità e la convenzionalità dell’intreccio, che sembra adatto al primo Settecento più che alla fine dell’Ottocento,Il principe Igorè un’opera di grande interesse grazie al talento di Borodin, che rifiuta lo stile ‘recitativo’ propugnato dal ‘mucchio possente’ e si volge invece a una linea melodica più ampia, lirica e cantabile. «Secondo il mio parere» – scrisse il compositore – «nell’opera i dettagli, le minuzie, le piccole forme non dovrebbero esistere, tutto deve essere composto secondo formule ampie, chiare, di facile esecuzione. Le voci devono essere portate in primo piano, mentre l’orchestra in secondo.»
Due dunque i pregi maggiori dell’opera: le grandi arie di tutti i protagonisti, Igor, Jaroslavna, Koncak, Vladimir, Koncakovna e Galicyn (che ebbe come interprete, nella leggendaria esecuzione parigina del 1909, organizzata da Djagilev, il grande basso Šaljapin), arie di straordinaria vitalità, di originalissima intelligenza musicale, con un impiego della vocalità sorprendente (ad esempio un contralto per il ruolo della giovane innamorata, la Koncakovna), pur innestato sulla tradizione nazionale. Altro pregio: la novità dei temi ‘orientali’ (le danze delle fanciulle polovesiane, la marcia dei guerrieri ecc.) ottenuta, dopo attenti studi sulle testimonianze musicali del folklore polovesiano, con ritmi languidi, forti e leggeri insieme, esuberanti, impetuosi e sensuali.