Cajkovskij Ilic Petr

Concerto per violino e orchestra

Il concerto per violino e orchestra di Tchaikovsky ha sempre avuto una storia abbastanza particolare fin dalla sua apparizione: apprezzato ed acclamato dal pubblico per la sua capacità di coinvolgere e di trascinare gli ascoltatori; al contrario costantemente avversato dalla critica colta che l’ha sempre considerato una composizione di second’ordine, sia dal punto di vista formale che del contenuto, ritenuto eccessivamente patetico e talora anche rozzo; infine temuto dagli esecutori (addirittura il violinista che l’avrebbe dovuto eseguire alla première rinunciò all’incarico) per le sue difficoltà tecniche.
Con il passare del tempo i giudizi di pubblico e critica sono andati convergendo, ritenendo che il concerto per violino non rappresenti il massimo capolavoro del compositore russo, ma sia comunque un’opera certamente gradevole e anche apprezzabile sotto il profilo musicale; analogamente il concerto è entrato stabilmente nel repertorio di tutti i più grandi violinisti, che ne fanno spesso un cavallo di battaglia per dimostrare le proprie capacità virtuosistiche.

Il CD qui recensito contiene la registrazione del vivo del concerto in eseguito nell’agosto 1988 nell’ambito del prestigioso Festival di Salisburgo da una venticinquenne Anne-Sophie Mutter, accompagnata da Herbert von Karajan alla guida dei Wiener Philarmoniker: dunque un’esecuzione di lusso, che seguiva quella di tre anni prima, con cui la Mutter aveva debuttato nel concerto sempre con Karajan (e di cui, fra l’altro, ha commemorato quest’anno i trent’anni dell’esecuzione, dedicando il concerto a Karajan, sempre a Salisburgo con i Wiener guidati da Riccardo Muti).
Allora la Mutter, come detto, era una giovanissima violinista, eppure oltre che in possesso di una tecnica raffinata, già dotata anche di una grande personalità, che le permetteva appunto di eseguire il temibile concerto di Tchaikovsky sotto la guida dell’esigente Karajan.
Il risultato fu decisamente convincente: l’Allegro moderato del primo movimento sottolinea le melodie coinvolgenti che vi sono contenute, ma viene eseguito con una certa compostezza che consente alla Mutter di non scadere nel più banale sentimentalismo; il successivo Andante viene reso molto cantabile, esprimendo il tono elegiaco del brano; infine, dopo aver ben evidenziato la nostalgia presente nei temi slavi e tzigani del terzo movimento, la coda termina con l’Allegro vivacissimo nel quale la Mutter, con grande abilità virtuosistica, sa essere veramente appassionata e trascinante, coinvolgendo il pubblico che risponde con applausi convinti.
Inutile dire che Karajan, da par suo, fece “cantare” stupendamente i Wiener, caratterizzati dal tradizionale suono morbido e pastoso, e – come usava fare con i solisti e i cantanti da lui diretti – accompagnò con grande abilità la Mutter, evitando di coprirla e semmai mettendone in risalto le doti professionali e virtuosistiche.
In conclusione: anche a distanza di tanti anni, un concerto da non perdere!

Concerto per violino e orchestra in re maggiore op. 35

Ciaikovsky scrisse il suo unico Concerto per violino e orchestra nei mesi di marzo e aprile del 1878; e si trattò dell’ultima composizione di rilievo prima di una lunga e sofferta crisi creativa. Il compositore, trentottenne, era reduce dal grande sforzo produttivo di due capolavori, la Quarta Sinfonia e l’Eugenio Onieghin, che avevano visto la luce l’anno precedente. Ma il 1877 era stato anche l’anno nel quale si erano verificati due eventi destinati a modificare sensibilmente il corso della vita del musicista, e, in parte, a turbare la sua delicata psicologia: il breve e disastroso matrimonio, e la concessione disinteressata di una rendita annuale da parte della mecenate Nadezda von Meck.

 

Adolph Brodski

Tuttavia, se a proposito di Ciaikovsky si è sempre messa in rilievo la stretta connessione fra eventi biografici e creazione artistica, il Concerto op. 35 non reca traccia nel suo contenuto espressivo delle agitate vicende private dell’autore. Esso fu redatto sulle rive del lago di Ginevra, nel corso di una vacanza volta a riprendersi dal trauma matrimoniale. Grazie all’intenso carteggio con Nadezda von Meck, possiamo ricostruire con relativa facilità la genesi dell’opera; di getto fu composto il primo movimento e subito riuscito fu quello finale, mentre il tempo centrale vide due diverse redazioni, la prima più sentimentale, la seconda e definitiva più in sintonia con il rimanente della composizione.
Assai complesse furono invece le vicende relative alla prima esecuzione. Ispiratore e primo dedicatario del lavoro fu Josif Kotek, amico e allievo del maestro; ma costui, che pure era intervenuto con pareri tecnici nella fase della stesura, si tirò indietro a partitura compiuta. Anche il celebrato virtuoso Leopold von Auer rifiutò il battesimo della composizione, ritenendo ineseguibile la parte solistica. A interpretare la première, il 4 dicembre 1881 a Vienna – ben tre anni e mezzo dopo il compimento dell’opera – fu Alexander Brodski; Hans Richter dirigeva la Filarmonica di Vienna. Adolph Brodski diventò paladino della diffusione del Concerto, e il compositore gli dedicò giustamente la partitura.
Lungi dall’ottenere subito consensi entusiastici, il Concerto op. 35 fu giudicato assai aspramente; già Eduard Hanslick, all’indomani della prima, redigeva una violenta stroncatura, ravvisando nella partitura rozzezza e volgarità. Anche in seguito il giudizio della critica non è sempre stato benevolo; le accuse più frequenti sono state quelle di superficialità e di carenza di gusto. Ma tali accuse sono piuttosto miopi, e prescindono dalle problematiche che il genere del Concerto poneva all’autore, incline all’equilibrio delle forme classiche e insieme latore di una partecipe emotività. La “carenza di gusto” non è dunque dovuta a inettitudine, ma alla ricerca di una nuova vitalità espressiva, mediante la presenza di motivi di danza e di ascendenza gitana. E l’equilibrio organico della partitura mostra il calcolo preciso di ogni effetto, la perfetta consapevolezza dei propri scopi da parte dell’autore.
La composizione è in parte ispirata al primo grande Concerto romantico, quello op. 64 di Mendelssohn. Il primo movimento, “Allegro moderato”, si avvale di una calibrata dialettica fra solista e compagine orchestrale, che sfrutta una invenzione melodica lirica e pregnante; la cadenza, come in Mendelssohn, è prima della ripresa e non al termine. La centrale “Canzonetta (Andante)” è un Lied di impronta popolare, basato sulla tenera cantabilità del solista. Il Finale (“Allegro vivacissimo”) è una pagina di trascinante vitalità, dove l’elemento zigano si converte in strepitoso virtuosismo; ma non mancano, nei vari episodi,
pause liriche di raffinato lirismo, prima che la partitura venga suggellata da una brillante coda ad effetto.

Anne-Sophie Mutter