Luigi Cherubini

Requiem in Re minore

L’esibizione di Riccardo Muti è allo stesso livello degli altri meravigliosi spartiti cherubiniani. Un capolavoro di un compositore quasi del tutto dimenticato. Peccato! Registrazione eseguita nel 1975 e rimasterizzazione effettuata nel 1987. Altamente raccomandato.
I due Requiem sono simili per dimensioni e organico orchestrale ma il loro spirito è diverso. Invece della solennità e dei grandi effetti di ottoni e percussioni del primo troviamo nel secondo un diffuso tono sommesso, un colore di fondo scuro e brani nel severo stile a cappella. Il primo è adatto a una cerimonia solenne che ricordava la tragica fine d’un sovrano e allo stesso tempo celebrava, seppure indirettamente, il trionfo dei Borboni, tornati sul trono di Francia. Il secondo ha un carattere più intimo, come una meditazione o un ascetico soliloquio, quale si conviene alla commemorazione di un maestro che aveva passato l’intera vita al servizio della musica. L’antecedente diretto del secondo Requiem va cercato, più che nell’opera omologa di vent’anni prima, nel Cours de contrapoint et de fugue dato alle stampe l’anno precedente. Giunto al termine della vita. Cherubini con questo trattato volle lasciare ai posteri l’unica cosa di cui, a differenza dei suoi lavori creativi, non aveva mai dubitato: la sua padronanza del contrappunto. La prefazione è una professione di fede in questa antica arte, fondamento della musica di ogni tempo: “Il contrappunto è per così dire la vera grammatica della musica. È per mezzo suo che si acquista la facoltà di scrivere con purezza e vigore. Possedendo a fondo il contrappunto e la fuga si è sicuri d’essere compositori sapienti, e ci si può allora abbandonare agli impulsi del genio, della fantasia, dell’immaginazione”. I movimenti di questa partitura sono identici al precedente Requiem in Do minore. Cherubini scrisse questa composizione per se stesso dopo che la Chiesa non gli permise di utilizzare il Requiem in RE minore a livello liturgico per la presenza delle voci femminili.

Riccardo Muti

Requiem in re minore

Il Requiem cherubiniano del 1816 accompagnò con le sue note i funerali di Boïeldieu, celebrati nel 1834 in pieno clima di Restaurazione; in quell’occasione pare che le autorità ecclesiastiche frapponessero difficoltà all’uso delle voci femminili nelle chiese. Sarebbe in questo nuovo rigore, e nella volontà di evitare censure ecclesiastiche, la spiegazione dell’organico vocale prescelto da Cherubini per il nuovo Requiem in re minore, dove il testo sacro è intonato dalle sole voci maschili. Il compositore vi si applicò nel 1836, all’età di 76 anni (il Requiem in re minore è la sua ultima opera d’ampio respiro).
Diversamente dal precedente in do minore, improntato a un sentimento di pietà universale, il Requiem in re minore, più scuro, d’atteggiamento soggettivo e introverso, è pervaso da accenti drammatici nei quali sembrano risuonare il terrore e la ribellione dell’uomo di fronte al dramma della morte. Il linguaggio si apre a sottigliezze armoniche, a divagazioni inaspettate ai toni lontani; talora i cori a cappella e gli accenni allo stile dell’antica polifonia sembrano evocare tempi remoti, regioni di una purezza incontaminata nella quale parrebbe risiedere, unica, la speranza della salvezza.
La tinta unitaria dell’intero lavoro traspare già perfettamente dall’Introitus et Kyrie; l’atmosfera è cupa solenne, anche per effetto dei timbri vocali (mancano le voci femminili) e del colore orchestrale, nel quale dominano ottoni e archi gravi. Il coro declama il testo con un vigore fervido e appassionato, che conosce i momenti d’intensità maggiore nell’episodio centrale dell’Introitus, dove le parole «Exaudi orationem meam» vengono rotte da pause espressive.
Un’atmosfera ancor più raccolta regna nel Graduale. L’ingresso del coro è preparato da una nobile frase dei violoncelli, nella quale si esaurisce l’unico intervento strumentale del brano: tutto il resto è per voci a cappella, prive cioè del sostegno orchestrale. Articolato come un antico mottetto, il Graduale è costituito da una successione di episodi in stile imitativo, ognuno su materiale tematico nuovo. Nella straordinaria pagina evocativa del Dies Irae Cherubini scatena tutta la sua potenza visionaria. Le grida di disperazione del coro, che prorompono subito dopo il brevissimo ed energico crescendo orchestrale d’apertura, gli accenti perentori del «Tuba mirum», l’enfasi declamatoria del «Judex ergo», la potenza sonora del «Rex tremendae»: tutto ciò evoca il Dio terribile dell’antica tradizione ebraica, il Dio della giustizia inflessibile più che quello della misericordia. Si ascolti il «Confutatis maledictis»: le entrate ravvicinate delle voci, il fortissimo, la concitazione del movimento, le dissonanze producono quasi l’effetto di grida selvagge; poche pagine sanno ritrarre con altrettanta immediatezza le fiamme dell’abisso, il terrore e la disperazione dei dannati. Non di meno colpiscono le pagine che danno voce alla supplica o alla speranza: la sommessa ascesa cromatica del «Quid sum miser», il lirismo del «Recordare» e del «Pie Jesu», gli accenti accorati del «Voca me cum benedictis» e del «Lacrymosa».
Il Dio trionfatore sulla morte è il protagonista dell’Offertorium: il brano è improntato a un andamento enfatico, ai modi di una marcia maestosa. Anche qui, come nel Requiem in do minore, l’immagine dell’arcangelo Michele che conduce le anime alla luce eterna suggerisce una strumentazione trasparente, appoggiata ai timbri dei legni e ai registri chiari. La stirpe di Abramo che si moltiplica è simbolicamente raffigurata da un fugato, ripetuto e ampliato in chiusura, mentre l’offerta di «Laudes et preces» dà origine a un episodio dal lirismo intenso: una melodia distesa e accattivante si intreccia a un motivo ininterrotto dei violini. I due brani che seguono offrono il contrasto più vivo. Il Sanctus è una pagina celebrativa e grandiosa, nella quale la vigorosa declamazione omofonica del coro si unisce al clangore delle trombe e a una pienezza sonora non ancora raggiunta. Il Pie Jesu, al contrario, riduce drasticamente la sonorità: protagoniste assolute sono le voci, che cantano a cappella inframmezzate sporadicamente da qualche schivo intervento dei legni. L’atteggiamento dimesso, l’essenzialità dell’espressione, il nitore delle linee melodiche sembrano quasi tradurre la nostalgia di antiche epoche, di uno stile scarno e di uno spirito religioso autentico e profondo.
Un’altissima concentrazione espressiva è raggiunta dall’ultima pagina del Requiem, l’Agnus Dei, dove il terrore della morte lascia spazio alla speranza e alla pace. L’entrata del coro, al culmine del crescendo orchestrale che la prepara, dà il via a una triplice perorazione («Agnus Dei»), con la quale contrasta la dolcezza di «dona eis requiem»; l’immagine della luce eterna irrompe poi con la sonorità vibratile dei violini nel registro acuto, preludio al motivo della speranza («Quia pius es»). Il coro e l’orchestra, ora, si arrestano nell’immobilità assoluta delle quinte vuote, che insistono per 18 misure accentuate dai colpi dei timpani coperti; l’andamento è lento e solenne: è la morte che rivendica i suoi diritti. I toni cupi sono dissolti solo dal luminoso motivo in re maggiore, che porta alla conclusione il Requiem squarciando il velo della mestizia e dando voce alla speranza.

Testo

1. INTROITUS

Requiem aeternam dona eis, Domine; et lux perpetua luceat eis.
Te decet hymnus, Deus, in Sion, et tibi reddetur votum in Jerusalem; exaudi orationem meam; ad te omnis caro veniet.
Requiem aeternam dona eis, Domine; et lux perpetua luceat eis.
Kyrie eleison; Christe eleison; Kyrie eleison.

2. GRADUALE

Requiem aeternam dona eis. Domine, et lux perpetua luceat eis; in memoria aeterna erit justus, ab auditione mala non timebit.

3. DIES IRAE

Dies irae, dies illa,
Solvet saeclum in favilla,
Teste David cum Sibilla.

Quantus tremor est futurus.
Quando Judex est venturus,
Cuncta stricte discussurus!

Tuba mirum spargens sonum
Per sepulchra regionum
Coget omnes ante thronum.

Mors stupebit et natura
Cum resurget creatura
Judicanti responsura.

Liber scriptus proferetur,
In quo totum continetur,
Unde mundus judicetur.

Judex ergo cum sedebit,
Quidquid latet apparebit,
Nil inultum remanebit.

Quid sum miser tunc dicturus?
Quern patronum rogaturus.
Cum vix Justus sit securus?

Rex tremendae majestatis.
Qui salvandos salvas gratis.
Salva me, fons pietatis.

Recordare, Jesu pie,
Quod sum causa tuae viae,
Ne me perdas ilia die.

Luigi Cherubini

Quaerens me sedisti lassus,
Redemisti Crucem passus,
Tantus labor non sit cassus.

Juste Judex ultionis,
Donum fac remissionis
Ante diem rationis.

Ingemisco tamquam reus.
Culpa rubet vultus meus:
Supplicanti parce, Deus.

Qui Mariam absolvisti,
Et latronem exaudisti,
Mihi quoque spem dedisti.

Preces meae non sunt dignae,
Sed tu, bonus, fac benigne
Ne perenni cremer igne.

Inter oves locum praesta
Et ab hoedis me sequestra,
Statuens in parte dextra.

Confutatis maledictis,
Flammis acribus addictis,
Voca me cum benedictis.

Oro supplex et acclinis.
Cor contritum quasi cinis,
Gere curam mei finis.

Lacrymosa dies ilia,
Qua resurget ex favilla,
Judicandus homo reus.

Huic ergo parce, Deus:
Pie Jesu, Domine,
Dona eis requiem. Amen.

4. OFFERTORIUM

Domine, Jesu Christe, Rex gloriae, libera animas omnium fidelium defunctorum de poenis inferni et de profundo lacu: libera eas de ore leonis, ne absorbeat eas Tartarus, ne cadant in obscurum: sed signifer sanctus Michael repraesentet eas in lucem sanctam. Quam olim Abrahae promisisti et semini ejus.
Hostias et preces tibi. Domine, laudis offerimus: tu suscipe pro animabus illis, quarum hodie memoriam facimus: fac eas. Domine, de morte transire ad vitam. Quam olim Abrahae promisisti et semini ejus.

5. SANCTUS

Sanctus, sanctus, sanctus Dominus Deus Sabaoth.
PLeni sunt coeli et terra gloria tua.
Hosanna in excelsis.
Benedictus Qui venitin nomine Domini.
Hosanna in excelsis.

6. PIE JESU

Pie Jesu, Domine, dona eis requiem sempiternam.

7. AGNUS DEI

Agnus Dei, qui tollis peccata mundi, dona eis requiem.
Agnus Dei, qui tollis peccata mundi, dona eis requiem sempiternam.
Lux aeterna Luceat eis. Domine, cum Sanctis tuis in aeternum, quia pius es. Requiem aeternam dona eis. Domine, et lux perpetua luceat eis.