Dvorak Antonin

Sinfonie 8 & 9

Devo dire che sono un grande fans di Herbert von Karajan e adoro le sue interpretazioni di queste due sinfonie. Sul podio dei Wiener Philharmoniker ci consegna una lettura magistrale e estremamente coinvolgente. La qualità video e audio sono buone. Altamente consigliato per non dire imperdibile!

 

Sinfonia n. 8 in sol maggiore, op. 88

Dvořàk compose nove Sinfonie in un periodo di tempo che va dal 1865 al 1893. Non si tratta però di un insieme omogeneo nel quale sia possibile riscontrare la traccia di una evoluzione. Le prime quattro Sinfonie (1865-74) non furono ritenute dall’autore degne di apparire e rimasero escluse dal suo catalogo fino al riordino compiuto nel 1960 da Jarmil Burghauser, che ripristinò la successione originaria in base alla cronologia delle composizioni. Prima di allora le ultime cinque Sinfonie erano numerate nell’ordine in cui Dvořàk le pubblicò, diverso da quello di composizione. Ciò ha generato non poca confusione nel suo catalogo. Così la Sinfonia in sol maggiore (l’unica pubblicata da Novello a Londra nel 1892, e perciò detta impropriamente “Inglese”) vi figurava in origine come Quarta, mentre oggi è qualificata come Ottava; essa sta al centro del trittico al quale Dvořàk fu debitore anche in vita della sua fama nel genere sinfonico: dopo la Settima in re minore (1885, un tempo Seconda) e prima della Nona in mi minore, la celebre Sinfonia “Dal nuovo mondo” del 1893, Quinta secondo il vecchio ordine. Composta in poco più di due mesi tra il 6 settembre e l’8 novembre 1889 ed eseguita per la prima volta a Praga il 2 febbraio 1890 sotto la direzione dell’autore, l’Ottava Sinfonia appartiene dunque alla piena maturità del compositore e ne esprime alcuni degli umori più tipici.
Dvořàk non fu in alcun modo un rinnovatore della forma. Le sue Sinfonie mantengono il consueto schema classico in quattro movimenti, con una alternanza equilibrata di momenti di maggiore tensione nei tempi estremi, di distensione lirica e di movenze di danza in quelli centrali. Il materiale musicale è fortemente impregnato di ritmi e melodie popolari, e il loro uso si adatta magnificamente ad esprimere la comunicativa diretta della cantabilità slava, con i suoi richiami pastorali alla vita paesana e alla tradizione del folklore, in un linguaggio diretto e di segno costruttivo. Le sue immagini rappresentano stati d’animo che si rifanno a un mondo originario e spontaneo di suggestioni e di simboli immediamente traducibili in un naturale fluire del discorso musicale, a cui la felicità melodica e la cura della strumentazione conferisce un carattere di gradevolezza e di brillantezza non comune.
La Sinfonia in sol maggiore ha un’impronta di serenità e di levità che discende da una calma interiore raggiunta, forse anche dalla consapevolezza di un proprio ambito che Dvořàk si era conquistato nel solco della grande tradizione sinfonica tedesca dell’età romantica. Se Brahms era il suo punto di riferimento più vicino, in questa Sinfonia il pensiero corre spontaneamente a Schubert, sia per la profusione delle melodie che quasi aspirano a farsi valori di per sé significativi, sia per la tendenza a indugiare in sospensioni evocative, con frequenti oscillazioni fra modo maggiore e modo minore e ritorni ciclici di sezioni tematiche chiuse in se stesse. Più che nell’audacia di complesse elaborazioni, il fascino di questa musica sta nell’assoluta evidenza delle idee poetiche che si incarnano in ritmi elementari di immediata presa e in suggestive atmosfere timbriche, in figure musicali che si imprimono nella memoria ancor prima di aver raggiunto la loro completa espansione sonora.
Caratteristico è già l’inizio, con un appassionato cantabile dei violoncelli in sol minore che sfocia nel modo maggiore in un motivo gorgheggiante del flauto, enunciato dapprima come una eco lontana della natura e poi dilatato fino a diventare una fanfara solenne, dai colori accesi e squillanti. In questo passaggio dalla estroversione iniziale alla gioiosa ebbrezza della piena effusione sinfonica si può riscontrare una costante del modo di procedere di Dvořàk, per così dire il sentimento di fondo che guida l’intero percorso della Sinfonia. Nel secondo movimento il paesaggio spirituale muta, si trasfigura nel clima dell’Adagio e sconfina verso l’intimità più raccolta e meditativa, in un alternarsi di stati d’animo tra il malinconico e il fiero, il nostalgico e l’elegiaco (vi si può sentire all’inizio una fugace reminescenza della marcia funebre dell’Eroica di Beethoven). Nel terzo tempo troviamo uno degli episodi più memorabili di tutta l’opera di Dvořàk, un leggiadro, sognante tema di valzer che prende corpo sul cullante ritmo di 3/8 per compiere a poco a poco, dopo l’affermazione in maggiore del Trio, quasi una apoteosi della danza. L’ultimo tempo si apre con una fanfara militaresca delle trombe che aggiunge allo stile della Sinfonia una nota vigorosa e sgargiante, dalla quale si origina quasi una sintesi degli atteggiamenti che l’avevano contraddistinta, per liberarsi in una tumultuosa e non più contraddetta esplosione di luminose energie vitali.

Sinfonia n. 9 in mi minore “Dal Nuovo Mondo”, op. 95

Come sappiamo, nel periodo di residenza americana Dvorak si occupò intensamente di canto indiano e negro: e compose questa Sinfonia “nello spirito di queste melodie popolari” senza peraltro averne citata nessuna letteralmente. Dvoràk fu portato a concepire tale composizione in questi termini dal vivo interesse che portava per questi popoli oppressi; non solo, ma trovandosi in America nella sua qualità di famoso compositore europeo, sentì forse il dovere di indicare ai compositori locali una possibile via “nazionale” in campo musicale. Ma il suo esempio restò sostanzialmente isolato, sia perché in fondo la Sinfonia “Dal nuovo mondo” resta un lavoro nutrito di una tradizione musicale schiettamente europea, sia perché pochi anni dopo gli elementi popolari della musica americana, soprattutto negra, avrebbero trovato una via completamente diversa con il jazz.

Herbert von Karajan

D’altro canto, l’influenza dell’ambiente americano, e non solo della musica popolare locale, sulla Nona Sinfonia è indiscutibile: Dvoràk abbandona infatti qui in molti casi quella scrittura densa e a volte ieratica che aveva caratterizzato le precedenti sinfonie per infondervi uno spìrito più fresco, ispirato da un lato al diverso senso della natura che al musicista derivava a contatto con il grande
continente americano, dall’altro all’incalzante modo di vita americano, che non gli permetteva nemmeno nella forma musicale lunghi ripensamenti e continui ritorni. Dì qui la ricchezza di idee, di episodi, di temi, dì intrecci che caratterizza l’ultima sinfonia di Dvoràk: dall’incontro dì due civiltà è scaturita una delle pagine sinfoniche più celebri e più sorprendenti dell’ultimo ‘800.
Ecco la successione del tempi della Sinfonia “Dal nuovo mondo”: “Adagio- Allegro molto” (il primo tema dell'”Allegro” ha un’importanza fondamentale per tutta la Sinfonia; da notare nel seguito del primo tempo la presenza di due temi di sapore tìpicamente “americano”); “Largo,” in cui risuona evidente l’eco della musica dei pellirosse americani; “Scherzo” – ‘Molto vivace’ – (anche qui nel ritmo incisivo del primo tema sembra di scorgere una reminiscenza delle danze popolari americane); “Allegro con fuoco”, con il tema più popolare della Sinfonia, in cuiritornano nel corso dell’imponente sviluppo i principali spunti dei tempi precedenti.