Mahler Gustav

Sinfonia n. 8 in mi bemolle maggiore “Dei Mille”

Registrazione effettuata al Lucerne Festival nel 2016. Video in HD e audio eccezionale. Altamente raccomandato per non dire imperdibile!

Nota esplicativa di Mahler

Non ho mai scritto nulla di simile, nel contenuto e nello stile è qualcosa di completamente diverso dagli altri miei lavori, ed è certamente la cosa più grande che ho fatto, Forse non ho mai lavorato sotto l’impulso di una tale costrizione, è stata come una visione fulminea: improvvisamente tutto stava davanti ai miei occhi e mi è bastato porlo su carta, come se mi fosse stato dettato… Questa Ottava Sinfonia presenta caratteri particolari già per i! fatto che unisce due testi poetici in lingue diverse, la prima parte è un inno latino e la seconda parte niente meno che la scena conclusiva del secondo Faust. Si meraviglia? Già da tempo desideravo comporre questa scena degli anacoreti e la chiusa con la Mater gloriosa, e in modo diverso da ciò che hanno fatto tutti gli altri, che le hanno musicate in modo così dolciastro e debole; ma proprio ora non ci avevo più pensato.
Per caso mi è recentemente capitato fra le mani un vecchio libro, e l’ho aperto sull’inno Venì, creator spiritus, e d’un tratto tutto mi sta davanti: non solo il primo tema, ma l’intero primo tempo, e come risposta non potevo trovare nulla di più bello che le parole di Goethe nella scena degli anacoreti! Ma anche nella forma l’Ottava è qualcosa di completamente nuovo: può immaginare una Sinfonia cantata dall’inizio alla fine? Finora ho usato la parola e la voce umana sempre solo per spiegare, come fattore espressivo sintetico, per dire con la concisa precisione possibile soltanto alla paroia ciò che in termini puramente sinfonici si sarebbe dovuto esprimere solo con enorme ampiezza. Ma qui la voce umana è al tempo stesso uno strumento; tutto il primo tempo è impostato in forma rigorosamente sinfonica eppure è completamente cantato. Tuttavia è proprio strano che nessuno finora abbia pensato a questa idea – è l’uovo di Colombo: la Sinfonia in sé, in cui lo strumento più bello che esista è portato a compiere il suo destino – e non solo come suono, perché la voce umana è anche portatrice del pensiero poetico.

Una grande esibizione dell’orchestra e del coro Gewandhaus di Lipsia sotto la magistrale direzione di Riccardo Chailly. Registrazione effettuata nel 2011. Video in HD e audio superlativi. Tra le due edizioni c’è l’imbarazzo della scelta. Entrambi ultra raccomandati!

Sinfonia n. 8 in mi bemolle maggiore “Sinfonia dei Mille”

Nessuna delle dieci Sinfonie composte da Mahler richiama, per il carattere o il genere del movimento iniziale, quella che l’ha preceduta; sotto questo aspetto infatti ciascuna di esse è unica nel suo genere. All’inizio dell’Ottava Sinfonia però, l’improvvisa esplosione di un grandioso volume di suono prodotto da un
colossale e diversificato insieme di masse corali ed orchestrali ci offre un’esperienza quasi extramusicale. Tale esordio non solo comprende una vigorosa affermazione dei materiali musicali fondamentali ma segna anche l’inizio di un discorso filosofico, che sostiene la Sinfonia dal principio alla fine e viene condotto a termine e chiarito soltanto alla fine della Seconda Parte, in cui Mahler mette in musica l’ultima scena della seconda parte del Faust di Goethe. Non ci meraviglia quindi che la nascita di quest’opera sia avvenuta in circostanze particolari come lo stesso Mahler ebbe a ricordare nel 1910 in una lettera alla moglie Alma. Nel 1906, egli si era recato a Maiernigg per la consueta vacanza estiva “con il fermo proposito di trascorrere il periodo nell’ozio… e recuperare le mie energie. Senonché sulla soglia del mio vecchio studio… lo Spiritus creator s’impadronì di me, mi scrollò e mi costrinse al lavoro per le successive otto settimane finché la mia maggiore opera non fu portata a termine”.
Un’ulteriore conferma del travolgente ed impetuoso slancio di quell’iniziale accesso di creatività ci viene fornita da Alma stessa, che così descrive gli eventi di quell’estate: “Dopo il nostro arrivo a Maiernigg, ci furono, come ogni anno, le solite due settimane in cui veniva ossessionato dalla mancanza di ispirazione; poi una mattina, mentre varcava la soglia del suo studio nel bosco, improvvisamente gli venne in mente il Veni, creator spiritus. Compose e annotò l’intero coro iniziale su quanti frammenti ricordava del testo.
Ma le parole e la musica non combaciavano: la musica soverchiava il testo. In preda ad un’eccitazione febbrile telegrafò a Vienna e si fece mandare per telegramma l’intero testo dell’antico salmo latino. Il testo completo coincideva perfettamente con la musica: intuitivamente aveva composto la musica per ciascuna strofa di esso”.
Alma Mahler parla di “frammenti di testo”, ma di solito non si tiene sufficientemente conto della possibilità che Mahler conoscesse il famoso salmo nella traduzione tedesca fatta proprio da Goethe nell’aprile 1820 e nella quale il verso iniziale recita “Komm heiliger Geist, du Schaffender”. Inoltre, Goethe riteneva che il Salmo “fosse un appello al genio universale dell’umanità”.
Come ha osservato Dieter Borchmeyer, a cui siamo grati per le sue ricerche, il Veni, creator spiritus e il Chorus mysticus del Faust si fondono assieme nella visione razionalista di Goethe. In quest’ottica pertanto, i due testi che a prima vista potrebbero sembrare privi di nessi in comune, anche per la diversità della lingua, rivelano invece la stessa logica, cioè: quel “discorso fìlosofìco” già accennato e su cui tornerò in seguito.
La prima esecuzione dell’Ottava Sinfonia, o “Sinfonia dei Mille” come divenne in seguito nota – otto solisti, coro di 850 elementi (comprendente un coro di 350 bambini), organo e l’orchestra allargata (170 orchestrali) del Konzertverein di Monaco diretti dal compositore stesso – ebbe luogo nelle nuova sala da concerto nel Parco Esposizioni della città il 12 settembre 1910. Fu un avvenimento senza precedenti e come nessun’altra delle première di Mahler.
Bruno Walter, che era presente, ricorda che al termine dell’esecuzione e mentre il pubblico applaudiva entusiasticamente, Mahler si affrettava a risalire il palcoscenico sino al coro dei bambini e, procedendo lungo le singole file, stringeva ciascuna delle piccole mani protese verso di lui. Fu un simbolico atto di benvenuto alla gioventù. Fra gli innumerevoli amici ed ospiti illustri presenti (tra cui Thomas Mann) v’era anche Alma, a cui l’opera era stata dedicata solo poche settimane prima della première.
Essa racconta: “L’attesa di tutta Monaco e di quelli che erano venuti da fuori per assistere a questa première era enorme. Già la prova generale aveva estasiato tutti quanti. Ma all’esecuzione l’entusiasmo superò ogni limite. All’apparire di Mahler sul podio tutto il pubblico si alzò in piedi. Un perfetto silenzio. Fu l’omaggio più commovente che sia mai stato fatto a un artista. Io ero in un palco sul punto di svenire per l’emozione.
In questa Sinfonia Mahler, assurto ad altezze sovrumane, soggioga masse immani e le trasforma in fonti di luce. Fu un’esperienza indescrivibile, come indescrivibile fu il successo che seguì: tutti si precipitarono verso Mahler.
Dopo – essa conclude – passammo una serata lieta e tranquilla durante la quale Mahler veniva acclamato e complimentato da tutti… Infine, restammo a conversare tra di noi sino al mattino con Gucki [Anna, la seconda figlia dei Mahler, la prima morì nel 1907], la nostra cara bambina che dormiva accanto a noi”.
Desta una certa ironia il fatto che proprio in quell’epoca il matrimonio dei Mahler era entrato in crisi, tant’è che uno dei segni di quell’opprimente turbamento fu un breve informale consulto con Sigmund Freud; eppure, per quanto si possa disapprovare la sua sconcertante insensibilità all’infedeltà, non v’è dubbio che Alma abbia avuto un ruolo di primo piano nella concezione e immaginazione dell’Ottava Sinfonia.
Ne sono testimoni tanto i quesiti e le indagini molto perspicaci che Mahler le proponeva nelle lettere circa il “significato” dell’Ottava, quanto l’innegabile amore per la sua straordinaria seppur imprevedibile compagna.

Alma Mahler

Ritenere che l’Ottava sia incentrata esclusivamente su Alma sarebbe un errore grossolano. Riconoscere invece che il rapporto di Mahler con Alma abbia costituito una parte importante del discorso musicale – si tenga presente che la Sinfonia si conclude con il Chorus mysticus di Goethe, le ultime famose parole del quale sono “Das Ewig-Weibliche / Zieht uns hinan’ (l’Eterno femmineo ci sospinge verso il cielo) – è essenziale per comprendere il complesso intreccio tra passione personale e alta filosofia che è stato l’assillo della definizione dell’Ottava.
Vista in questa luce e malgrado l’uso di un salmo medievale in latino e di uno dei più famosi testi classici tedeschi, l’Ottava ci appare sorprendentemente come una testimonianza autentica di un’epoca segnata da diverse tendenze critiche e, sempre più, laiche; un’epoca in cui emergevano nuove ardite considerazioni sulla psicologia umana e suscitava grande interesse la tesi che la sessualità fosse alla base di ogni creatività.
Come d’abitudine, Mahler meditò a lungo sulla forma definitiva da dare all’opera. A tal proposito, un affascinante indizio rivelatore si può ricavare dallo schema in quattro movimenti dell’Ottava che doveva iniziare con il Veni, creator spiritus e terminare con un ulteriore “inno”: Schöpfung durch Eros (Creazione tramite l’Eros). Il secondo movimento doveva chiamarsi Caritas, titolo che ricorre anche negli innumerevoli schemi della Quarta Sinfonia:ll terzo movimento, uno Scherzo, viene descritto come Weihnachtsspiele mitdem Kindlein (Giochi natalizi con Gesù bambino).
Se è vero che l’idea del secondo movimento Caritas non fu portata avanti (mi domando se Mahler avesse in mente un movimento lento dedicato all’Amore), certo lo fu il concetto ideale sotteso allo Scherzo. In una lettera inviata ad Alma poco prima della première dell’Ottava, Mahler precisa la sua immagine dei bambini come “portatori di una stupenda saggezza pratica”; ciò ci aiuta a comprendere l’innovativo ruolo che i bambini dovevano svolgere nel mondo sonoro dell’Ottava. Essi non dovevano rappresentare dei “piccoli adulti”, ma caratterizzarsi con le loro virtù, con la loro musica, come immagini vocali della loro “saggia” innocenza. Ascoltiamo ciò non solo nel salmo latino della Prima Parte della Sinfonia, in cui le voci bianche introducono un po’ di colore nell’incessante polifonia del movimento ma anche nella Seconda Parte, dove i bambini impersonano i “Selige Knaben” (Bambini Benedetti) di Goethe. Tutto ciò spiega la pubblica attestazione di gratitudine che Mahler tributò fervidamente al coro dei bambini, al termine della prima esecuzione.
Lo schema in quattro movimenti ci fa arguire che l’inno finale fu prefigurato come una celebrazione dell’Eros ed è proprio a tal proposito che Mahler cerca di chiarire, sempre in una lettera ad Alma, la sua interpretazione dell’ultima scena del Faust II. “La sua essenza è proprio l’idea di Goethe che qualsiasi tipo
di amore è generativo, creativo e che esiste una genesi fisica e spirituale che è emanazione dell’Eros”. Egli prosegue tracciando un provocatorio accostamento di Socrate a Cristo: ciascuno di loro, conclude, è una personificazione dell'”Amore Creatore del Mondo”. È proprio così, quindi, che le due parti condividono lo stesso pensiero: nella prima con l’appello allo spirito creatore e nella seconda con il culminante coro finale che esprime il nesso tra creatività e suggestione dell’eterno femmineo: Eros trionfante! Lo stesso Freud, se fosse stato più interessato alla musica, avrebbe subito capito ciò che Mahler voleva dire.
Alla luce di questo messaggio trasmesso dall’opera, non è certo sorprendente che Mahler abbia ritenuto l’Ottava la sua più grandiosa concezione; in essa, le ambizioni filosofiche gareggiano con la pluralità delle risorse e la potenza e ampiezza, veramente straordinarie, della musica. La stupefacente molteplicità di generi e forme realizza quasi un compendio di storia della musica, raccolto da un musicista come Mahler che, essendo a cavallo fra due secoli, aveva un punto di osservazione privilegiato.
Lungo la stesura della Seconda Parte, ad esempio, riscontriamo un gran numero di stili e generi vocali, come era d’altronde necessario dato che la voce umana doveva essere il veicolo principale delle idee filosofiche o poetiche: Cantata o Oratorio, canto solista o Aria d’opera lirica, coro di fanciulli o Corale solenne, tutti questi generi vengono saccheggiati e raccolti da Mahler per far svolgere a ciascuno un proprio ruolo innovativo. Né vanno trascurati i gesti spiccatamente teatrali inseriti nella Seconda Parte, in particolare il momento intensamente drammatico in cui la Mater Gloriosa compare fluttuando (“schwebt einher”, come annotò Mahler sulla partitura, appropriandosi della “regia” di Goethe per il “teatro della mente”, dello spirito) e quindi esattamente come il grande poeta avrebbe immaginato la seconda parte del Faust. Ed è proprio qui nell’Ottava che la domanda spesso ripetuta “perché Mahler non compose mai un’opera lirica?” trova una risposta folgorante con una musica di grande fascino che affonda le sue radici chiaramente nella tradizione italiana. Lo stile italiano di Mahler viene spesso misconosciuto o sottovalutato. L’Ottava Sinfonia però ci suggerisce più volte che Mahler conosceva bene non solo Verdi – come ebbe a osservare egli stesso, l’evoluzione della sua concezione strumentale doveva moltissimo a Verdi – ma anche le opere di altri compositori famosi per il loro stile marcatamente italiano e specialmente per i loro contributi alla storia dell’opera lirica. Un esempio tipico a tal riguardo è Bellini. Si può forse mettere in dubbio che Bellini abbia costituito il modello per l’incantevole musica che accompagna la comparsa della Mater Gloriosa ? È come se Mahler avesse immaginato di essere il siciliano Bellini mentre componeva quella musica, e soprattutto l’andamento dell’estasiante melodia. Mahler ovviamente fa suo lo “stile” italiano è possiamo riconoscere molto nettamente il Bellini di Mahler, seppur con un pizzico di mistero, nell’Aria che accompagna la fluttuante apparizione della Mater Gloriosa, accompagnata prevalentemente da archi e arpa, tessitura che Mahler aveva fatto sua negli anni precedenti la stesura dell’Ottava (echi dell’Adagietto della Quinta e dei Rückertlieder). Non è casuale che in questo punto l’indicazione di tempo sia “Adagissimo”, né che per precisare le sue intenzioni espressive per l’esecuzione della melodia Mahler abbia scritto, nuovamente in italiano, “sempre molto cantando” nella parte dei violini.
Questa lunga dissertazione su forme, generi e stili ci dimostra che Mahler, con l’Ottava, volle esplorare a fondo non solo la musica del passato ma anche il suo stesso percorso creativo, donde, ad esempio, i chiari riferimenti alla Quarta Sinfonia e alla “sublime” tonalità in mi maggiore; per di più, giunti alla metà della Seconda Parte, vediamo apparire l’uso, non meno distinto ma sempre funzionale, dello stile e del carattere dei Lieder del Wunderhorn, che appartengono per la maggior parte ad una fase creativa addirittura anteriore.
Oserei affermare che ancora più significativa è la “scoperta” di Bach da parte di Mahler (si potrebbe dire la sua totale immersione in Bach) che si manifesta così chiaramente nel Veni, creator spirìtus. Ciò che qui percepiamo, a mio avviso, è il tributo di Mahler a Bach e in particolare al mottetto, Singetdem Herrn ein neues Lied, molto ammirato da Mahler e che forse gli diede lo spunto per iniziare la nuova Sinfonia. Dietro quel flusso torrenziale di tessiture polifoniche e forme contrappuntistiche, che caratterizzano il movimento, si erge infatti la figura di Bach. Una parte considerevole del movimento è costituita dalla famosa doppia fuga che accompagna, con intensità ed impeto crescenti, il verso “Per te sciamus da Patrem” (Per tuo tramite conosciamo il Padre); e come meglio esaudire tale preghiera se non con un virtuosistico sfoggio di “dotto” contrappunto? L’entusiasmo pionieristico di Mahler per Bach prima e dopo l’inizio del secolo XX non fu affatto un “ritorno a Bach”, tendenza estetica degli anni successivi, ma piuttosto un “Avanti con Bach”. Quello che la Prima Parte dell’Ottava preannuncia è lo sviluppo, nelle successive opere di Mahler (e in particolare nello scatenato movimento Rondo-Burleske della Nona Sinfonia), di un modo innovativo di pensare il contrappunto. Nonostante si sia ispirato originariamente a Bach, Mahler diede vita a una sorta di contrappunto dissonante, praticamente modernista, che produsse importanti conseguenze per la nuova musica del XX secolo.

Gustav Mahler

Mahler descrisse l’Ottava Sinfonia come la sua opera più “grandiosa” a William Mengelberg, l’illustre promotore olandese della sua musica, e ad un altro amico, in una diversa occasione, come un “dono alla Nazione”. Queste affermazioni sono state talvolta fraintese come indicazioni di un latente sentimento di nazionalismo o di imperialismo culturale, il che mal s’accorda con quanto ci risulta della sua personalità e delle sue simpatie social-politiche. Invece, per “dono” si deve intendere certamente la creazione di un’opera che in effetti richiese per la sua esecuzione il concorso di una vera e propria comunità di esecutori: bambini, cori, solisti virtuosi e orchestra. Inoltre, sembra logico che Mahler, avendo radunato sotto lo stesso tetto la totalità delle risorse disponibili ad un compositore agli inizi del nuovo secolo, volesse così presentare un compendio corrispondente alla sua visione della storia della musica sino al 1906, anno in cui venne composta l’Ottava.
In tale compendio di Mahler non viene tralasciata tuttavia una “profezia” sul futuro della musica, in parte anche come conseguenza della sua incessante creatività innovativa.
Ciò che comunque resterà, per sempre e nonostante l’avanzare del XXI secolo, una pietra miliare del pensiero filosofico musicale è il nesso da lui coraggiosamente attuato fra lo spirito creativo e l’Eros; cioè, una sincera affermazione, asserita magari ad un livello sublime, del fondamentale rapporto fra creatività e sessualità, per cui la sessualità è finalmente riconosciuta come fonte di creatività. L’Ottava Sinforna proclama stupendamente, ripetutamente e radicalmente che l’Eros è – nelle parole dello stesso Mahler – il “Creatore del Mondo”.