Mendelssohn Felix

Sogno di una notte di mezza estate

Questo bellissimo balletto coreografato da George Balanchine, uno dei creatori della cosiddetta danza neoclassica, ha avuto un gran successo. Questa performance capitanata da Alessandra Ferri e da un giovane Roberto Bolle, secondo il mio modesto parere, è unica. La bella fiaba di Shakespeare si sposa perfettamente con la musica di Mendelssohn e con la splendida scenografia. Da non perdere.
I protagonisti del Sogno d’una Notte di Mezza Estate sono dei giovani ma non meno giovane era Felix nel momento in cui vi si accostò per musicarlo. E come sarebbe potuto essere altrimenti? Nel 1826 Jakob Ludwig Felix Mendelssohn Bartholdy (questo il suo nome completo) era appena diciassettenne; nondimeno il suo talento musicale aveva già offerto dimostrazioni tali che suo padre Abraham si trovò ben presto a dover ironicamente ammettere: «Prima ero figlio di un padre (-il celebre filosofo Moses Mendelssohn-), adesso sono padre di un figlio».Felix iniziò lo studio del pianoforte all’età di sei anni con la propria madre e aveva nove anni quando si esibì, in modo impeccabile, per la prima volta davanti ad un pubblico. La sua attività da compositore fu altrettanto precoce, all’età di tredici anni pubblicò il suo primo lavoro, un quartetto per pianoforte, ma in realtà aveva già composto diverse operette, musica da camera e pianistica e dai dodici ai quattordici anni, addirittura, le sue prime dodici sinfonie. Anche l’avvicinamento di Mendelssohn alla produzione shakespeariana era iniziato sin dall’infanzia: il padre era solito organizzare delle piccole rappresentazioni domestiche che vedevano Felix e la sorella Fanny coinvolti in prima persona, e lo stesso nonno Moses aveva di suo pugno tradotto diversi brani del drammaturgo inglese.
A ciò si aggiunga che Carl Friedrich Zelter, maestro di composizione di Mendelssohn, fece incontrare nel 1821 il suo allievo all’amico Goethe, il quale rimase profondamente colpito dal prodigioso ragazzino. Si può dire che da quell’ incontro il poeta ormai settantenne si sia preso a cuore la formazione umanistica del giovane Mendelssohn, che, su suo invito, studiò le opere shekespeariane. Difficilmente ci si sarebbe potuto immaginare all’epoca un mentore migliore. Sin dalla gioventù, Goethe aveva dimostrata la sua ammirazione per Shakespeare, ribadita ulteriormente nel suo romanzo La missione teatrale di Wilelm Meister. Una passione che col tempo si dimostrò non scevra da riserve:«Shakespeare mescola con audace stravaganza argomenti lontani e astrusi tra loro, perciò necessita di essere riadattato da menti adulte e consapevoli del suo reale valore. Solo in certi momenti eccezionali ci sono veri gioielli, disseminati qua e là tra il molto che non è affatto bello e tantomeno teatrale».Un autore, insomma, da prendere “con le pinze”, o, più semplicemente, con la dovuta coscienza. E non è un caso ch’egli nutrisse perplessità riguardo la nascente corrente romantica; così infatti si sfogava col suo segretario Johann Peter Eckermann, trascrittore delle sue ultime confessioni:«Una rivoluzione! Sì, caro Eckermann, una rivoluzione sta per scoppiare!Sappi, caro Eckermann, che in nessuna rivoluzione sono evitabili gli estrèmi.

In quelle politiche da principio si domanda solo l’abolizione degli abusi d’ogni genere; ma prima che ciò possa essere impedito, ci si trova in mezzo alle stragi e agli orrori. Parimenti, nella presènte rivoluzione, rivoluzione poetica, beninteso, si è partiti domandando semplicemente una forma più libera; ora però non basta più, e con la forma questi giovincelli rigettano anche ogni contenuto tradizionale».Goethe, nonostante i suoi trascorsi sturmeriani, rimaneva nei fatti un propugnatore del classicismo; non stupisce quindi che Mendelssohn, da fedele seguace, si sia affiancato al romanticismo pur mantenendo sempre viva una sua naturale predisposizione alla regolarità delle forme (del resto a lui si deve la riesumazione della Passione secondo Matteodi Bach). Si può dire che del romanticismo accolse essenzialmente la tendenza ad un certo intimismo dell’ispirazione (si pensi alle Romanze senza parole) e la componente fantastica. L’Ouverture del Sogno d’una notte di mezza estate, una storia di giovani che contestano le posizioni degli adulti, fu dunque un approdo inevitabile e felicissimo, tanto che costituì il suo primo grande successo e, per diverso tempo, la sua composizione più nota.
Così scrisse nella lettera alla madre del 3 luglio 1839:«Noi fummo colà invitati con molti conoscenti e non conoscenti, la maggior parte membri della Società di Santa Cecilia, e dopo aver fatto un po’ di musica, suonato e cantato, si aperse una camera buia ed ivi dalla parte opposta si attaccò la mia ouverture del Sogno di una Notte di Mezza Estate, e si alzò il sipario e ci si presentò un grazioso quadro, Titania dormiente tra i fiori; -sopra di lei una tela di ragno larga come lo scenario, fiori di fagiolo svolazzanti, tarme ed altre simili cose, -tutte rappresentate da giovani e belle signore, ed a questo tenne dietro tutta una serie di tableaux colle mie musiche per giunta». L’ammirazione suscitata nei contemporanei fu tale che il re di Prussia Federico Guglielmo IV, che fece ripristinare le rappresentazioni teatrali nella reggia di Potsdam, non poté che commissionare a lui nel 1842 le musiche di scena per la commedia shakespeariana curata da Ludwig Tieck. Consapevole della qualità della sua ouverture giovanile, Mendelssohn pensò bene di sfruttarla al massimo e, recuperandola, ne trasse anche i temi per le musiche di scena commissionategli. La prima ebbe luogo a Potsdam il 14 ottobre 1843 alla quale seguì un’altra a Berlino quattro giorni dopo Guida all’ascolto Composta ben diciassette anni prima delle musiche di scena, l’Ouverture del Sogno di una notte di mezza estate ne ha costituito il serbatoio tematico: di qui, ovvero in virtù di quest’unica matrice, deriva l’equilibrio strutturale dell’intera opera 61.
Organizzata secondo la classica “forma sonata”, l’Ouverture possiede la complessità e le dimensioni di un registro acuto (li si ritroverà all’inizio della Ripresa e a conclusione dell’Ouverture, oltre che a chiusura del Finale) compare subito il primo tema: un fruscìo di crome affidate ai violini che introduce immediatamente all’atmosfera incantata che pervade l’opera, interrotto solo due volte da reminiscenze degli accordi iniziali. Da questo tema “pulviscolare” si passa quindi ad una frase melodica ampia e trionfale eseguita da tutta l’orchestra, cui i fiati ne fanno seguire un’altra discendente in fugato, mentre gli archi introducono una nuova cellula ritmica più cadenzata. Ritornano quindi, in una diversa tonalità, le crome iniziali,tese ora a creare un ponte verso il secondo gruppo tematico, introdotto da un’ondeggiante frase dei clarinetti e da un disegno melodico affidato agli archi, caratterizzato da una delicata inflessione cromatica iniziale. Una volta ricomparsa la cellula ritmica cadenzante già presente all’interno della prima area tematica, fa ingresso il terzo tema, dal carattere di rozza danza popolaresca. Lo Sviluppo recupera le crome iniziali e prosegue creando un suggestivo crescendo di tensione che si conclude tornando a un pianissimo, quasi spegnendosi, con la riproposta di una versione modificata del secondo tema.
Nella Ripresasi ritrovano tutte le cellule tematiche dell’Esposizione, ma sapientemente variate nell’ordine, oltre che nella forma. La Coda, aperta per l’ennesima volta dal ronzio di crome, quasi si trattasse di una “finta”, vede il primo tema trionfale trasformato in un’eco lontana, che va a chiudere l’Ouverture con gli accordi iniziali dei fiati.

Si apre il sipario. Destinato a essere eseguito tra primo e secondo atto, lo Scherzo svolge magnificamente l’importante funzione di avvicinamento al mondo onirico del bosco. Caratterizzato da un’estrema levità (componente costitutiva dell’intera produzione mendelssohniana), questo brano presenta due temi affini che differiscono soltanto nella tonalità e in piccole variazioni ritmiche. Per la trasparenza del tessuto orchestrale e per il suo ritmo saltellante, il brano può essere facilmente associato al personaggio di Puck.La Marcia delle Fate accompagna l’entrata in scena di Oberon e Titania: curiosamente, si rimane ancora nello spirito dello Scherzo pur ricorrendo ad una forma più “marziale”.Il successivo Coro delle Fate, una vera e propria ninnananna cantata per la regina Titania, riprende la forma del lied popolare in tutta la sua semplicità, al quale viene però aggiunto un coro.
Questo brano è legato al resto delle musiche di scena attraverso l’accompagnamento di violini e flauti che sostiene la prima strofa, e che sarà poi affidato a viole, clarinetti e flauti nella seconda. Il ronzio prodotto dagli strumenti da un lato ricorda le prime battute dell’Ouverture, dall’altro sembra suggerire il brusio degli animali invitati ad allontanarsi dalle fate. L’Intermezzo, posto al termine del secondo atto, restituisce l’angoscia che assale Ermia nel momento in cui si accorge di essere rimasta sola nel bosco. Il tema è affidato ai violini e ai legni, mentre i violoncelli ne eseguono il controcanto durante la ripresa. Sono gli stessi violoncelli a condurre lo stacco verso il clima decisamente più buffo che caratterizza la marcia d’entrata di Bottom e degli artigiani suoi compagni. A chiusura del terzo atto, il sonno profondo in cui sono calati gli amanti protagonisti è reso dal Notturno: in forma tripartita, esso presenta un’ampia e cantabile melodia affidata al corno e ai fagotti, e costituisce, nonostante i semplici mezzi impiegati, uno dei brani più suggestivi della partitura, oltre che uno dei pochi ad essere del tutto svincolato tematicamente dalla Ouverture
Il quarto atto si chiude con il brano in assoluto più celebre dell’intero Sogno: la Marcia Nuziale. Data la sua universale notorietà, è molto difficile, e anche per certi versi imbarazzante, cercare di parlarne. Il suo tema semplice quanto icastico è trattato con sontuosità dall’intera orchestra e trova il suo opposto nella seguente Marcia Funebre(quella che dovrebbe accompagnare la rappresentazione delle esequie di Piramo), resa quanto mai irriverente da tale accostamento contrastante. Con la Danza dei Clownsi ritorna al riutilizzo dell’Ouverture, in particolare del suo terzo tema, qui riproposta come ballo popolare. In essa sembra quasi di udire il raglio di un asino, e per questa ragione viene spontaneo associarla a Bottom, trasformato appunto in somaro negli atti
precedenti. Che Mendelssohn avesse pensato effettivamente a lui quando compose l’Ouverture? La ripresa dell’Ouverture prosegue ancora nel Finale, chiudendo così ad anello l’intera opera; dopo un breve ritorno della Marcia Nuziale, ricompare infatti il fruscio di crome dei violini: con un effetto a sorpresa, questa volta va però a costituire l’accompagnamento per il Coro degli Elfi. Segue quindi la riproposizione del primo tema in quei toni distesi che lo caratterizzano al termine dell’Ouverture, inevitabilmente completato dagli accordi iniziali affidati ai fiati.

La trama

Atto primo

L’azione si svolge in una foresta accanto al palazzo del duca Teseo ad Atene

Oberon, Re delle Fate, e Titania, sua regina, litigano. Oberon ordina a Puck di portare il fiore trafitto dalla freccia di Cupido (che causa a chiunque cada sotto la sua influenza di innamorarsi della prima persona che gli capiti a vista), e mentre Titania è addormentata e inconsapevole, le getta addosso l’incantesimo del fiore.
Nel frattempo Elena, vagando nel bosco, s’imbatte in Demetrio che ama non essendo però ricambiata.
Demetrio infatti la respinge e prosegue per la sua strada. Oberon vede l’accaduto e ordina a Puck di usare il fiore su Demetrio in modo che possa ricambiare l’affetto di Elena.
Anche un’altra coppia, Ermia e Lisandro, invece molto innamorata, sta vagando nella foresta ma viene separata. Puck, smanioso di portare a termine l’incarico affidatogli da Oberon, incanta per errore Lisandro. Appare Elena, e Lisandro, sotto l’influsso del fiore magico, le confessa immediatamente quanto la ami, suscitando in lei grande sorpresa.
Ora ritorna anche Ermia. La fanciulla è stupefatta e poi costernata nel vedere che Lisandro presta attenzione solo a Elena. Puck fa in modo di irretire nell’incantesimo del fiore anche Demetrio, questa volta con grande piacere di Elena che non si cura affatto di Lisandro. Demetrio e Lisandro, tutti e due innamorati di Elena, cominciano a litigare. Puck, su comando di Oberon, ha separato il tessitore Bottom dai suoi compagni, mutato la sua testa in quella di un asino, e lo ha anche trasportato ai piedi di Titania addormentata.
Quando la regina si sveglia e vede Bottom, lo crede magnifico e gli riserva intime attenzioni amorose.
Finalmente Oberon, non più arrabbiato, fa sì che Bottom venga scacciato e libera Titania dall’incantesimo subito.
Ermia non riceve attenzioni da nessuno; Elena, invece, ne riceve anche troppe. Gli uomini, completamente straniati, litigano seriamente e iniziano a combattere. Puck, con il suo potere magico, li separa; fa sì che si perdano e vaghino solitari nella foresta sinché, esausti, non si addormentano.

Puck riesce a fare in modo che Elena si stenta vicino a Demetrio e che Lisandro (liberato dall’incantesimo) giaccia accanto a Ermia. Il duca Teseo e Ippolita, sua futura sposa, scoprono i giovani innamorati addormentati nella foresta, li risvegliano, si accertano che i loro problemi siano risolti e proclamano un triplo matrimonio, il loro è quello delle due coppie.

Atto secondo

L’azione si apre nel palazzo del duca, con parate, danze e divertissement in onore delle coppie appena maritate

Al termine delle celebrazioni, quando i mortali se ne sono andati, si torna nel regno di Oberon e Titania, che ora sono riuniti e in pace. Alla fine Puck, avendo rimesso ordine nel disordine, spazza via anche ciò che resta delle imprese notturne. Le lucciole brillano nella notte e bonificano la foresta.