Prokofiev Sergej

Ivan il terribile op. 116

Riccardo Muti sul podio della Philharmonia Orchestra e un strepitoso Ambrosian Chorus interpretano brillantemente e con notevole intensità questa partitura poco conosciuta ma molto bella. Ottimi i tre solisti. Registrazione eseguita nel 1978 e rimasterizzazione effettuata nel 1989. Audio ottimo. CD di difficile reperibilità. Altamente raccomandato

La trama del film

Zar nel 1547, Ivan IV ha in mente di unire in un grande stato tutta la Russia ma il suo disegno è contrastato dai nobili Boiardi, ostili alla sua politica perché sempre più indeboliti e limitati nei loro privilegi e dalla boiarina Staritskaja, sua zia, che vorrebbe invece porre sul trono il figlio Vladimir Andreevic, inetto, favorevole alle richieste dei Boiardi.
Dopo l’incoronazione, lo Zar incontra una rappresentanza del popolo, stanco delle misere condizioni di vita. Subito dopo le nozze con Anastasia, Ivan riceve minacce di guerra da alcuni messaggeri tartari; Ivan respinge gli ambasciatori, raduna il suo esercito e marcia contro Kazan liberandola dal nemico. Rientrato a Mosca, Ivan scopre che la moglie Anastasia è stata avvelenata. Dal fronte continuano ad arrivare cattive notizie, lo Zar invia dunque alcuni ambasciatori verso l’Inghilterra in cerca di un’alleanza. Sconfortato Ivan si rifugia in un convento dove si riunisce il popolo moscovita per manifestargli la propria fiducia: sovrano e popolo saranno uniti nel l’affrontare insieme i destini della Russia.

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Nell’ottobre del 1941 la cittadina caucasica di Naltchik vide giungere degli ospiti inusitati. Erano alcuni musicisti del Conservatorio di Mosca evacuati dopo l’annuncio che i nazisti si erano aperti la strada verso la capitale sovietica. Le battaglie non si combattevano solo con i cannoni, e bisognava salvaguardare coloro che con la propaganda tenevano alto il morale del popolo nell’attesa della vittoria. Ecco quindi che anche Sergej Sergeevic Prokof’ev, insieme ad altri compagni, intraprese un lungo viaggio verso le lontane repubbliche caucasiche. A Naltchik, Prokof’ev compose il Secondo Quartetto in fa maggiore per archi, op. 92 su temi popolari della Kabardia, così come a Tbilisi, seconda tappa del suo esodo, continuò a scrivere la Settima Sonata in si bemolle maggiore e Guerra e Pace, la grande opera ispirata a Tolstoj. Nel maggio dell’anno successivo, il 1942, Prokof’ev ricevette la proposta di Ejzenstejn di raggiungerlo ad Alma-Ata, nel Kazakistan, dove questi si era rifugiato insieme ad altri cineasti russi, per lavorare insieme ad una grande realizzazione cinematografica: una trilogia sulla vita dello Zar Ivan Groznyj, il mitico Ivan il Terribile. Era un’idea che già circolava sin dal 1938, quando Ejzenstejn e Prokof’ev stavano realizzando insieme il film Aleksandr Nevskij, e che rafforzava la tendenza del regista sovietico a dare un volto musicale alle sue pellicole; una sperimentazione iniziata nel 1936 quando Ejzenstejn, in occasione dell’edizione tedesca della Corazzata Potëmkin, e poi per Ottobre nel 1928, aveva lavorato con profitto e soddisfazione insieme al compositore tedesco Edmund Meisel. Scriveva Prokof’ev in quegli anni: «Il cinema è un’arte giovane, specchio della nostra epoca, che offre al compositore nuove ed interessanti possibilità da sfruttare», e senz’altro Aleksandr Nevskij ed Ivan il Terribile sono state per lui l’occasione di nuove esperienze e sperimentazioni.
In Ivan il Terribile, la scelta del soggetto era legata alla politica di propaganda staliniana sull’unità del popolo di fronte al nemico negli anni più duri della guerra. A questo proposito scriveva Ejzenstejn sulla rivista “Letteratura ed arte”, in un articolo del luglio 1942 dedicato proprio ad Ivan: «l’osservatore odierno, inglese, americano o russo, non può far altro che comprendere i drammatici avvenimenti, la necessaria crudeltà e, del pari, la spietatezza di un uomo al quale la storia aveva assegnato la missione di fondare uno degli Stati più potenti e grandi della Terra!… Oggi, in tempo di guerra, ciascuno come non mai comprende che colui che inneggia alla distruzione della patria merita la morte; che merita di essere condannato colui che passa a combattere dalla parte dei nemici della sua patria, e che si deve essere senza pietà con chi apre al nemico i confini della sua terra».

Riccardo Muti

Ecco quindi la scelta dello zar Ivan come padre, terribile padre della patria, costretto dagli avvenimenti ad una politica spietata ed all’apparenza ingiusta, in un’epoca di violenza e di morte simile a quella in cui Ejzenstejn e Prokof’ev lavoravano. Il film era stato ideato suddiviso in tre parti, di cui solo due furono ultimate; la prima era appunto Ivan il Terribile, realizzata fra il 1942 ed il 1945, la seconda dal titolo La congiura dei boiardi, apparve nel 1948, ma non riscosse, complice la critica di regime, il successo della prima. La terza parte poi non prese mai forma, in quanto nel 1948 la morte di Ejzenstejn troncò un progetto già comunque compromesso dalla censura sovietica. Anche Ivan il Terribile non ebbe in fondo quella notorietà internazionale che era stata propria di Aleksandr Nevskij, ed il concerto di questa sera sicuramente proporrà un ascolto non consueto; poche sono infatti le occasioni di sentire la partitura prokofeviana dal vivo. Abraham Stasevic approntò nel 1961 questa versione oratoriale, assemblando materiali di Prokof’ev utilizzati e da utilizzare per la trilogia di Ejzenstejn, od anche scartati perché ritenuti non appropriati. E se, com’è ovvio, questa rielaborazione non può ricreare totalmente la grande visione d’insieme propria della partitura per la pellicola di Ejzenstejn, d’altra parte essa ha il grande merito e pregio di presentare al pubblico alcune fra le
pagine più belle di un’opera fra le meno conosciute del compositore russo, togliendole da un più che sicuro oblìo.
A questo punto sarebbe lecito chiedersi il motivo della minore notorietà di Ivan il Terribile rispetto ad Aleksandr Nevskij, dal momento che entrambe le partiture di Prokof’ev, così come la realizzazione cinematografica di Ejzenstejn, sono di uguale ed indubbio valore.
La risposta va senza dubbio cercata negli elementi fondanti il lavoro di Ejzenstejn e di Prokof’ev. In Aleksandr Nevskìj il loro intento era di creare un’opera “dinamica” che avesse un immediato e forte impatto emotivo sul pubblico. Prova ne sono le numerose scene in esterni, le battaglie, le situazioni di “tensione” che sfociano in “azione”, il tutto in una perfetta simbiosi fra musica ed azione fìlmica. Ejzenstejn e Prokof’ev erano rimasti essi stessi stupiti della perfetta fusione del loro lavoro, di come creazione fìlmica e musicale avessero percorso simultaneamente la stessa strada, giungendo insieme alla meta: la realizzazione dell’opera sinestetica. Dunque, forte impatto dinamico, forte tensione. In Ivan il Terribile, al contrario di Aleksandr Nevskij, l’elemento fondante non è il dinamismo, bensì la staticità.
Si è parlato di dramma shakespeariano per i “quadri” che Ejzenstejn crea nel suo film, tutti fra loro legati da un tessuto fittissimo di richiami e rimandi che lo spettatore deve dipanare. Un tessuto ricco e pesante d’oro; immobile come i santi ieratici delle chiese bizantine. I personaggi si muovono in sottosuoli di dostoevskiana memoria, illuminati dal bagliore delle torce o dal fioco tremolio delle candele, proiettando lunghissime ombre sui muri e assumendo pose retoriche e minacciose. Ogni situazione è un simbolo, ogni oggetto è un simbolo. E la musica di Prokof’ev si muove sicura in questa foresta. Tanto sicura che talvolta, nel corso della lavorazione del film, si creava un’insolita situazione, per cui il regista seguiva per la realizzazione delle scene le indicazioni che il compositore, con la sua musica, già andava elaborando. Da qui le scene della partitura di Prokof’ev che, come in un grande trittico, descrivono nella trilogia ideata da Ejzenstejn, la vita e le gesta dello zar Ivan in quadri dai colori decisi. Una struttura che non cerca la descrizione naturalistica delle vicende e non tende la mano allo spettatore-ascoltatore che desidera il filo discorsivo per entrare nel racconto. Ma la suggestione è molto forte, e questo era lo scopo.
È in quest’ottica che forse si possono leggere i rimandi tematici e strutturali ad autori dell’ottocento russo che Prokof’ev inserisce in una partitura che, peraltro, si pone a pieno titolo fra le più rappresentative dello stile maturo del compositore sovietico.
Philharmonia Orchestra

Ecco allora unirsi lo sgargiante e fiabesco orientalismo di Rimskij-Korsakov allo scabro realismo di Musorgskij ed alla semplice liricità di Glinka, in una ricerca di russicità sovietica fatta di eroi e popolo, di gesta magnifiche e sordidi intrighi, di morbide luci ed ombre taglienti, di teneri sentimenti e crudeltà efferate. Le melodie popolari sottendono poi molte delle scene della partitura, come sorgenti da un retaggio liturgico ancora più antico di misteriosi sacerdoti officianti tra volute d’incenso; come sbozzando il ritratto di un popolo forte nella sua devozione.
Trombe, campane e turbinii degli archi dipingono quadri intensi, in cui Prokof’ev sfrutta con abilità sapiente ogni tinta, ogni nuance della tavolozza orchestrale, alternando, così come fa Ejzenstejn nel film, scene d’insieme a lirici monologhi del contralto o del baritono; tutto è regolato per concentrare l’attenzione dell’ascoltatore su un’immagine in modo tale che, una volta sostituita dalla successiva, la prima rimanga scolpita nell’animo più che nel ricordo. È questo senz’altro il caso di Oceano, mare, un brano scartato da Prokof’ev per la colonna sonora del film, ed invece riutilizzato nelle rielaborazioni per concerto, lirica estremamente rifinita nella struttura, e particolarmente toccante nella sua espressività teneramente malinconica.