Prokofiev Sergej

Sinfonia n° 1 “Classica”

Sinfonia n. 1 in re maggiore, op. 25 “Sinfonia classica”

Assieme al Primo Concerto op. 19 per violino, la Sinfonia in re maggiore condivide, come data di composizione, un numero fatidico, il 1917, dell’anno cioè che per la Russia fu quello della Rivoluzione d’ottobre e per Prokof’ev segnò la conclusione dello sfolgorante suo apprendistato creativo, in cui tutte le premesse della vastità e della varietà della produzione musicale negli anni successivi trovarono già la loro enunciazione e definizione.
Fin dal giorno in cui nacque Prokof’ev cominciò a sentir musica in casa perché la madre era una buona pianista, con un notevole repertorio. Ad evitare che l’incontenibile esuberanza dell’inventiva giovanile di Prokof’ev avesse a disperdersi, provvidenziale fu a undici anni, nel 1902, l’incontro a Mosca con Tane’v e, su consiglio di quest’ultimo, con Glière, pedagogo di gran fama.
Già in quell’estate Glière trascorse le vacanze a Sonzovka, insegnando musica a Sergej Prokof’ev che nel 1904 fu presentato a Glazunov, venendone incoraggiato a frequentare il Conservatorio: dopo il brillante esame d’ammissione, il giovanetto si iscrisse al corso di armonia di Ljadov nel 1904 e nel 1906 al corso di strumentazione di Rimskij-Korsakov e di pianoforte con Winkler. Nel 1908, dopo la scomparsa di Rimskij-Korsakov, seguì la classe di composizione di Vihtol, e poi con Cerepnin il corso di direzione.
Da due anni, su invito del critico Karatijgin, Prokof’ev prendeva parte alle “Serate di musica contemporanea” di Pietroburgo, conoscendo lavori di Debussy, Roussel, Reger, Wolf, Strauss, Schönberg, Rachmaninov, Skrjabin, Stravinsky, e non mostrando alcuna soggezione ad esibirsi in pubblico come pianista. Cerepnin, oltre a stimolare le aspirazioni innovataci di Prokof’ev, sapeva contemporaneamente radicare in lui l’amore per la tradizione di Haydn e di Mozart, per le eleganti forme delle danze del diciottesimo secolo e per la trasparente strumentazione classica.
Lasciato il Conservatorio nella primavera del 1914, Prokof’ev si giovò d’una vacanza-premio e visitò Parigi e Londra ove fece la conoscenza, tra gli altri, di Djagilev e di Stravinsky.
Già allora il giovane compositore risultava in grado di analizzare la varietà della propria attività creativa e la poliedricità dell’ispirazione, come risulta da un emblematico inciso dell’Autobiografia: «La prima linea su cui si è sviluppato il mio lavoro fu la linea classica, che si può far risalire alla fanciullezza e allo studio delle Sonate di Beethoven, che ascoltavo nell’esecuzione di mia madre. La seconda linea, il filone moderno, comincia dall’incontro con Tane’v, quando egli mi rimproverò la “crudezza” delle mie armonie. La terza linea è la toccatistica o motoria, suggerita dalla profonda impressione che destò in me la Toccata di Schumann, la prima volta che la udii.
La quarta linea è lirica: dapprima essa appare come un sentimento pensoso e meditativo, per lo più associato con melodie lunghe. Gradirei limitarmi a queste quattro linee e considerare la quinta, la “grottesca”, come una semplice deviazione. Preferisco infatti che la mia musica sia descritta con le tre parole che descrivono i vari gradi dello Scherzo: capricciosità, ilarità, beffa».

Sergej Prokofiev

Conosciuta la prima volta a Pietrogrado il 21 aprile 1918, con l’ex Orchestra di Corte diretta dall’autore, la Prima Sinfonia non intende essere un’ironica imitazione dello stile settecentesco ma la creazione originale di un artista moderno che procede fra vecchie strade abitate da nuove generazioni. In tale prospettiva va “letta” la frase di Prokof’ev secondo cui «se Haydn fosse vissuto ai nostri giorni, egli avrebbe parte del suo vecchio stile, pur accettando nello stesso tempo qualcosa di nuovo».
Il primo movimento è un conciso Allegro in forma-sonata nella tonalità di re maggiore dall’incedere rapido e leggero. Il primo tema, enunciato con brio, è di stampo haydniano o mozartiano, ma è caratterizzato da uno schema armonico capriccioso, spostandosi in do maggiore alla seconda sua apparizione, per tornare poi alla tonalità d’impianto. Una transizione, con una frase singolare, porta al secondo soggetto, in la maggiore, che assume un tono garbatamente burlesco per i salti di due ottave dei violini, le note ornate, l’accompagnamento in staccato del fagotto.
L’esposizione si conclude con una sezione che amplia il respiro del primo tema. Lo sviluppo è basato sul trattamento successivo del primo tema, della transizione e del secondo tema: in particolare, come ha notato l’Asaf’ev, il secondo motivo è trasformato da un “elegante, giocoso tema” nei “massicci passi di un gigante”. Invertendo l’ordine iniziale dell’esposizione, la ripresa comincia con il primo tema in do maggiore per passare poi al re maggiore e restare in questa tonalità sino al termine.
Il Larghetto, in la maggiore, è un aggraziato tempo in forma ternaria scritto nello stile di un minuetto. La sezione principale è contraddistinta da un tema che effonde accenti di tenerezza nei registri più alti dei violini, su un accompagnamento calmo e misurato. La sezione centrale imprime all’incedere della musica la scansione di una ritmica moderna su marcati contrasti dinamici che si rifanno genericamente ai moduli stilistici classici.
Segue la ripresa della parte principale. Secondo il Nestyev, «lo stile dell’esposizione, spiccatamente il ritmo e il colore armonico, anticipa singolarmente l’atmosfera di certe danze in Romeo e Giulietta, come la Danza delle fanciulle delle Antille, per esempio». Il terzo movimento è una pungente Gavotta, in cui la genialità di Prokof’ev si esplicita nel risalto al parallelismo dei salti di ottava, nelle libere sovrapposizioni di triadi maggiori, nelle cadenze impreviste.
Un episodio mediano della Gavotta è costituito da una tradizionale musette ove si colgono echi di canti popolari russi. Conclude la Sinfonia n. 1 un gaio Finale in forma-sonata e in tempo Molto vivace. Il primo soggetto del movimento è contraddistinto da arpeggi ascendenti e discendenti, passaggi di scale, piccole frasi gustosamente reiterate dai violini. Il secondo tema si caratterizza per lo spirito arguto del sinuoso e ondulante motivo dei legni. Un terzo tema, in la maggiore, porta a conclusione l’esposizione con una frase melodica tipicamente russa. Quest’ultimo motivo dà vita allo sviluppo in un susseguirsi di imitazioni sino ad una stretta che conduce alla ripresa. Ancora con il Nestyev, «le classiche immagini della musica del diciottesimo secolo vengono qui a riflettersi quasi attraverso il prisma del canto russo».

Herbert von Karajan