Sibelius Jean

The Symphonies

Sibelius non è un compositore facile da eseguire: pur nell’ambito di forme ancora tonali, le sue sinfonie (come pure i poemi sinfonici) comprendono momenti altamente romantici, soprattutto agli esordi della sua carriera, ispirati talora a Brahms e a Ciaikovsky, per approdare ad esiti decisamente più classici nella fase della maturità (tanto che negli Stati Uniti e’ stato anche avvicinato a Beethoven), il tutto ispirandosi alle atmosfere e alle leggende della sua terra, la Finlandia, e quindi evocando luoghi e ricordi, paesaggi e sensazioni, echi e memorie…
Ecco perché anche gli esecutori più famosi, sia del passato che contemporanei, si sono accostati a Sibelius con una certa ritrosia, privilegiando singole composizioni, ma rifuggendo dalle integrali, mentre sono approdati a risultati più convincenti direttori di minor calibro rispetto ai “grandissimi”, tra cui si segnalano, fra gli altri, Barbirolli, Davis, Berglund, Ashkenazy, Jansons.
Negli anni ’60 la Decca ebbe l’intuizione di affidare la registrazione dell’integrale delle sette sinfonie di Sibelius al giovane, allora poco più che trentenne, Lorin Maazel, già conosciuto per i suoi esordi di enfant prodige (ammirato perfino da Toscanini), ma certamente agli inizi della carriera discografica, soprattutto in un repertorio così inusuale e di affiancargli una delle orchestre più prestigiose, i Wiener Philharmoniker, peraltro pure loro abbastanza digiuni del repertorio del compositore finlandese.
E la scelta fu decisamente indovinata in quanto Maazel, già allora personalissimo ed eclettico, registrò un’integrale delle sinfonie di Sibelius che – rimasterizzata dalla Decca è ora offerta in questo cofanetto di 3 CD – resta ancora un’edizione di riferimento, da possedere per conoscere ed apprezzare le composizioni del finlandese (fra l’altro Maazel, a riprova della confidenza sempre più approfondita con Sibelius, riproporrà negli anni ’90 l’esecuzione delle sinfonie con la Pittsburgh Symphony Orchestra, riaffermando la validità interpretativa, ma ottenendo un risultato inferiore sotto il profilo della resa orchestrale).
Lorin Maazel

La perfetta riuscita dell’iniziativa è riassunta nella capacità di Maazel di dosare con grande equilibrio le belle pagine melodiche contenute nelle sinfonie – che descrivono la serenità dei paesaggi, i ricordi di infanzia, i sentimenti legati a luoghi e a persone – agli scatti e all’impeto improvviso (resi così bene dal colore degli ottoni dei mitici Wiener Philharmoniker degli anni Sessanta), che viceversa riportano agli istinti primordiali della terra e al contenuto delle saghe finlandesi e dei miti nordici, in un gioco fra classicità e romanticismo, armonia e contrappunto.
Un esempio per tutti, la quinta sinfonia, resa con grande forza ed energia, ma anche con convinta espressività ed ottimismo, nella quale la costante melodia si scontra con gli squarci ancestrali dei tromboni e dei timpani, la serenità popolare si tramuta di colpo nel timor panico.
Vere e proprie fantasie musicali che puntano direttamente all’inconscio, desideri, ricordi, sensazioni, voglie represse, accanto a momenti sereni, raffinati, estatici…sembra talora di immergersi nel mondo di Mahler, pur così distante nella forma.
L’interpretazione di Maazel appare tuttora attuale e molto convincente, in grado da un lato di sviscerare appieno le segrete intenzioni di Sibelius, dall’altro di coinvolgere l’ascoltatore e di fargli conoscere il mondo del finlandese.
Registrazioni effettuate dal 1964 al 1968 e rimasterizzazione eseguita nel 1991. Nonostante la datazione l’audio è più che buono. Cofanetto di difficile reperibilità. Altamente raccomandato.

Herbert von Karajan è stato per tutta la vita un autentico apostolo della musica di Sibelius. Dopo aver realizzato due cicli (Philharmonia anni Cinquanta e Berliner anni Sessanta), negli anni Ottanta realizzò una quasi integrale. Sempre eccezionale l’esito artistico e la capacità di penetrare le complesse partiture. Nota di tristezza: in nessuna delle tre volte Karajan realizzò l’integrale completa delle sinfonie di Sibelius, in questo accompagnato dal suo amico Leonard Bernstein, che però riuscì a realizzarle in video. Cofanetto stupendo anche come realizzazione formale.
Registrazioni effettuate dal 1976 al 1981 e rimasterizzazione eseguita nel 2014. Audio più che buono. Altamente raccomandato.

Prima Sinfonia in mi minore, op. 39

Il caso del musicista Sibelius è molto singolare e pieno di contraddizioni, a volte curiose, che non sempre trovano una ragionevole giusitificazione sul terreno critico. Egli è l’unico compositore finlandese che abbia avuto una enorme risonanza internazionale, anche se la sua arte è legata profondamente alla letteratura e alla storia del suo paese. Vissuto fin oltre metà del nostro secolo, Sibelius è rimasto sostanzialmente, come sensibilità e linguaggio, un autore dell’Ottocento e lo stile della sua considerevole produzione musicale (ha
scritto ben sette sinfonie) si inserisce nella cultura strumentale tardo-romantica di derivazione tedesca.

Jean Sibelus

Acclamato, esaltato e immortalato quando ancora era in vita con monumenti, musei, strade, francobolli e festivals a lui dedicati, la sua fama raggiunse una straordinaria popolarità non solo in Finlandia, ma anche nei paesi anglo-sassoni e negli Stati Uniti, mentre negli anni intorno alla seconda guerra mondiale (il suo silenzio creativo durò dal 1926 al 1957) e comunque dopo la morte la stella di Sibelius cominciò a tramontare e la sua musica, anche se gode di rispetto e di stima, non ha più la diffusione di una volta. In Italia, poi, il fenomeno Sibelius resta legato soprattutto ai poemi sinfonici (fra questi, in special modo, En saga, Finlandia, Il cigno di Tuonela e Tapiola, senza considerare la celeberrima Valse triste, originariamente concepita come musica di scena) ed alcune sinfonie (la seconda, la quarta e la settima), dove è racchiusa più compiutamente la personalità del compositore finlandese che evoca suggestivi paesaggi nordici avvolti nella nebbia e ridesta dall’oblio motivi di antichi canti popolareschi e guerrieri della sua terra, puntando essenzialmente sui pedali prolungati per gli strumenti ad arco e gli ottoni, sulle melodie con la nota sostenuta e improvvisamente interrotta da una terzina e sul tremolo degli archi con l’uso delle modulazioni dal maggiore al minore e viceversa.
Sibelius iniziò a comporre la Sinfonia n. 1 in mi minore nell’autunno del 1898 e la diresse per la prima volta a Helsinki il 26 aprile 1899 con un buon successo di pubblico e di critica, la quale non mancò di annotare una certa influenza subita dal sinfonismo di Borodin e di Cajkovskij, anche se l’autore cercò di correggere queste osservazioni, dicendo che la sua musica aveva un tono forte e non cedeva al sentimentalismo presente nelle pagine dei due compositori russi. Più di un critico sostenne anche che questa Sinfonia per il suo accento concitato e corrusco fosse stata ispirata dalla particolare situazione politica finlandese di quel momento: Nicola II di Russia aveva deciso di riunire sotto il suo regno le province baltiche, imponendo il russo come lingua straniera obbligatoria nelle scuole ed emanando una legge militare in base alla quale i finlandesi dovevano essere arruolati nell’esercito russo con una ferma che durava cinque anni. Fu un duro colpo per lo spirito indipendentista dei finlandesi, che si rivolsero anche con un appello, firmato da molti intellettuali europei, tra cui Carducci, Lombroso, Croce, Bissolati, Zola, per un intervento a favore della loro causa libertaria. Ma la situazione peggiorò e il sentimento nazionale finlandese trovò spazio e risonanza in diverse opere letterarie di larga risonanza, come i versi del poema “Kalevala”.
Ma Sibelius respinse questa interpretazione della sua Prima Sinfonia e disse che la sua musica non era espressione di questo o quell’avvenimento, né era da collegarsi ad un determinato modello letterario: una sinfonia deve essere intesa e capita soltanto per la musica in essa contenuta. Al di là di ogni osservazione di merito non c’è dubbio che la Prima Sinfonia riveli il forte temperamento
creativo del musicista, che si esprime in modo appassionato e drammatico con quei canti a volte eroici e battaglieri e a volte malinconici e dominati dalle nebbie e dai misteri di lande lontane e sconfinate. Il primo movimento (Andante ma non troppo) si apre con una dolorosa melopea del clarinetto, cui segue un fremito che investe pian piano tutta l’orchestra con robuste perorazioni degli ottoni. Affiorano quindi altre cellule tematiche, ben marcate ritmicamente con “staccati” e “sforzandi” di sicuro effetto emotivo, secondo un procedimento espositivo di largo respiro strumentale. Non mancano motivi di ampia tensione e canti spianati a pieni polmoni, sorretti da vigorosi colpi di timpani. Nella coda ritornano temi dolci e delicati, prima della chiusa enfaticamente robusta. Il secondo movimento (Andante) si apre con una frase degli archi liricamente raccolta e sospesa fra il do minore e il mi bemolle maggiore. Si susseguono altri episodi e tra questi emerge quello contrassegnato dalla melodia dei corni, sorretta dalle armonie degli archi e dell’arpa. Il discorso assume quindi una maggiore compattezza strumentale, per via di una più stretta affinità sinfonica, che torna ad imporsi con marcata energia, non prima di cedere ad un richiamo melodico di chiara ascendenza cajkovskijana.
Il terzo movimento (Scherzo) ha un ritmo spigliato e gagliardo, come certi tempi analoghi bruckneriani. La strumentazione è molto colorita e assume a volte una leggerezza e una vivacità di suoni di immediata comunicativa. Il Finale inizia in un clima di pensoso lirismo, ma l’atmosfera si anima e acquista robustezza tra slanci e “fendenti” strumentali. Si arriva ad un canto spiegato e intensamente espressivo, interrotto da un episodio ritmico di prorompente vitalità. Ecco il tema appassionato degli archi, sorretto dai fiati, posto a suggello della sinfonia, dopo un pedale sonoro poderosamente ascensionale e psicologicamente dominatore.

Seconda Sinfonia in re maggiore, op. 43

La Sinfonia n. 2 in re maggiore fu composta nel 1901, durante un soggiorno del musicista a Rapallo, ed eseguita per la prima volta l’8 marzo 1902 a Helsinki, suscitando larghi consensi per la sua vigorosa pregnanza sonora, di gusto più classico che romantico, nel rispetto della tradizione beethoveniana (questa è l’opinione del critico musicale Karl Flodin autore, fra l’altro, di un documentato studio su Sibelius). In realtà la sinfonia si impone all’ascolto per la naturalezza e immediatezza tematica, sin dal primo movimento, in cui viene modificato e alterato lo schema della forma-sonata, secondo una concezione più varia e frammentaria del discorso sinfonico. Caratteristiche in questo Allegretto iniziale le larghe distese melodiche dei fiati che poi sfociano in uno scherzo vivace e brillante, dove si respira aria del folclore finnico di intonazione pastorale.

Herbert von Karajan

Il secondo movimento (Tempo Andante, ma rubato) si apre con un pizzicato dei contrabbassi e dei violoncelli a sostegno di una frase malinconica e lamentosa dei fagotti, che si dice ispirata da riflessioni sul “Don Giovanni e il Convitato di pietra”, ossia la morte. Man mano il clima musicale si infittisce e passa da un Andante sostenuto ad un passaggio Con moto ed energico, sospinto da un tema ampio e solenne degli archi, immerso in un robusto fremito fonico di tutta l’orchestra. Il canto si allarga e si distende, sino ad assumere alla fine una maggiore concentrazione espressiva. In netto contrasto è il Vivacissimo attaccato dagli archi con martellanti terzine d’ascendenza beethoveniana e interrotto da colpi di timpani; si dischiude un tempo Lento e soave indicato dal flauto e dall’oboe. I due momenti si ripropongono e confluiscono in una possente frase a piena orchestra di indubbio effetto emotivo, punteggiata anche da delicate armonie di sapore cajkovskiano. Senza soluzione di continuità si passa all’Allegro moderato finale, in cui il tema precedente assume il carattere di un inno processionale. La sezione di sviluppo è quanto mai variegata nelle soluzioni timbriche e la ripresa prolungata e ad ampio respiro della frase fondamentale avvia l’apoteosi finale, contraddistinta da quelle luminose perorazioni tipiche dello stile del Sibelius più maturo, come, ad esempio, nella poderosa conclusione della Quinta Sinfonia.